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Lettera aperta a Ignazio La Russa per la Festa della Liberazione

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Festa della Liberazione

Caro presidente del Senato,

ho un debito di riconoscenza verso di lei perché ha favorevolmente recensito un mio libro e, nonostante orizzonti culturali che non vanno certamente a sinistra, mi vedo costretto, a mia volta, a recensire negativamente alcune sue osservazioni sul 25 Aprile e, soprattutto, sulla Costituzione.

Sulla festa che celebra la liberazione dal fascismo la faccio breve. La Resistenza fu un movimento che andrebbe indagato un po’ più a fondo come aveva iniziato a fare uno scrittore che proprio di destra non era, Giampaolo Pansa, ma resta il fatto che essa è il nostro ancoraggio ideale (l’unico!) ai moti risorgimentali ed è la festa fondativa degli attuali ordinamenti statali e, pertanto, andrebbe celebrata dalla seconda carica della Stato senza se e senza ma.

Poi, stando ai media che lo hanno riportato, lei avrebbe sostenuto che «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo», una manna per la Sinistra alla vigilia della Festa della Liberazione!

Dal punto di vista lessicale certamente non ha torto, ma lasciare intendere che la nostra costituzione non sia antifascista è, se mi permette, un’autentica sciocchezza perché essa vieta espressamente la ricostituzione del partito fascista e la propaganda fascista. Ma le dirò di più, in seno alla Costituente vi fu qualche estensore della carta magna che la trovò perfino eccessivamente antifascista, quindi è stato da sprovveduti farsi impiccare a parole non pesate e che, tra l’altro, non trovano riscontro nella realtà.

Ma, giunti a questo punto, sarà bene ricordare che, in senso generale, nella Costituente si confrontarono due opposte visioni della società italiana in divenire: una conservatrice, senza attribuire a questo termine un significato dispregiativo, e una progressista senza necessariamente vedere in quest’attributo forze omoge­neamente tese al nuovo.

L’unico punto, e vengo all’antifascismo doc della nostra Costituzione, sul quale la maggior parte dei costituenti si trovò d’accordo, fu l’ossessiva pregiudiziale antifascista, come colse il deputato democristiano Fiorentino Sullo con un lessico che anticipava il futuro stile linguistico della classe politica italiana.

Sullo, infatti, osservò che la Costituzione stava nascendo come «Un’af­fermazione polemica nei riguardi del defunto regime, giusta e santa polemica, talvolta – bisogna riconoscerlo – la polemica è andata oltre il segno e taluni commi sono chiaramente l’antitesi pura e semplice prodotta dalla tesi, sono cioè indirettamente e malamente influenzati dalla tesi». Come dire che, lessico o non lessico, la Costituzione è antifascista fino al midollo!

Vede, presidente, sono personalmente convinto che lei, nonostante il passato politico postfascista, sia una brava persona, a tratti anche simpatica e che non pensa minimamente di riedificare un altro regime fascista in Italia, il guaio è che lo credono (o fingono di crederlo) i suoi avversari politici, ai quali – ahi lei – continua a fornire gratuitamente il foraggio per polemiche altrettanto gratuite e non ne capisco il perché. O forse sì?

Il suo guaio, presidente, è che lei è figlio di un papà che è stato volontario in Africa durante la II Guerra Mondiale, segretario del Partito Nazionale Fascista di Paternò, avvocato di grido, dirigente d’azienda e senatore del Movimento Sociale Italiano, sicché possiamo dire che ha avuto un genitore molto in gamba e carismatico del cui mito non riesce a liberarsi. E, secondo me, è questo il suo vero limite, perché il ricordo e l’ammirazione che tutti i figli dovrebbero avere per il loro papà sta idealmente condizionando le sue scelte di oggi. Pare che addirittura conservi un busto di Mussolini donatole da suo padre.

Vede, presidente, anche io ho avuto un papà di fede monarchica e tre volte volontario di guerra ma, pur amandolo tanto, non sposai le sue idee ed i suoi miti del dopoguerra, né lui me lo domandò mai. Questo glielo racconto per invitarla a uscire dalla dimensione di figlio d’arte ed entrare in quella di statista del XXI secolo, perciò ascolti un mio consiglio: compia, finalmente, il “rito di passaggio” come abbiamo fatto tutti noi, continui ad amare il suo papà (ci mancherebbe) e, se crede, anche i suoi insegnamenti, ma non abbia timore di rimuovere il fascismo dal suo inconscio per non rinnegare anche lui. E visto che stiamo parlando di un rito di passaggio, porti in discarica il busto di Mussolini che lui le regalò… dia una mano anche lei a farci diventare un popolo normale.

Serena festa della Liberazione presidente.

Enzo Ciaraffa

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