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Immigrazione: hanno firmato i trattati senza neppure leggerli

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Il nostro problema, e il dramma per i diretti interessati nella gestione della biblica immigrazione proveniente principalmente dall’Africa, è figlio di alcuni dettagli contenuti nella Convenzione o Regolamenti di Dublino sull’immigrazione, dettagli tranquillamente ignorati in sede di stipula e di revisione, dai governi sia di destra che di sinistra, gli stessi che adesso si accusano a vicenda per la cattiva gestione del fenomeno

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È da quando ha preso le redini del governo su delega degli elettori che Giorgia Meloni si trova alle prese con un Paese che – anche se nessuno lo scrive chiaramente – è letteralmente sfasciato: lo è nell’economia, lo è nell’industria, lo è nella giustizia, lo è nella politica, lo è nella considerazione internazionale e, cosa peggiore, lo è nella sua intima fibra morale. Gli italiani, infatti, in numero sempre maggiore si stanno fatalmente (e pericolosamente) disaffezionando agli esercizi della democrazia e del vivere civile come – primi tra tutti – dovrebbero essere l’esercizio del voto ed il rispetto delle regole societarie o, se fa più fico, il rispetto di quel contratto sociale caro a Rousseau. E basta fare una capatina sul web ogni tanto per toccare con mano.

Ovviamente, un Paese di sessanta milioni di abitanti, che tra l’altro è uno dei fondatori di quella che oggi si chiama Unione Europea e che è inserito nel più grande blocco militare esistente al mondo da quando si è frantumato il Patto di Varsavia, non è arrivato ad un tale degrado morale e civile da un giorno all’altro. Eppure confessiamo che non è tanto questo degrado a preoccuparci ma la velocità con la quale esso si sta sostanziando in tutti i campi, specialmente se facciamo un parallelo inquietante: la monarchia savoiarda in Italia durò ottantacinque anni prima di essere cancellata dai suoi madornali errori, mentre la repubblica, che è arrivata appena al settantasettesimo compleanno, già evidenzia molte malattie e un penoso affanno.

Per quanti ci riguarda, avemmo modo di renderci conto di questo preoccupante quadro clinico in un giorno ben preciso di dieci anni fa, esattamente il 2o aprile del 2013. E sì, perché mentre al tempo dei Savoia il capo dello Stato non lo si doveva eleggere in quanto decidevano i reali ormoni a riguardo, nella nostra democrazia esso va eletto dal Parlamento in seduta plenaria, come dire nella sua più alta espressione dell’unità nazionale. Eppure, nonostante una così prestigiosa incombenza, il palladio della democrazia rappresentativa per ben due volte, nel 2013 e nel 2022, si è rivelato incapace perfino di eleggere un nuovo presidente della repubblica, figuriamoci governare legislativamente un popolo al tempo della crisi della globalizzazione e dell’esodo di un continente, l’Africa, che sta rigurgitando sulle nostre spiagge il veleno ingurgitato in secoli di sfruttamento coloniale. Ma attenzione, perché quello che sta arrivando dal continente nero è un veleno che, se non elaboreremo al più presto un credibile agreement europeo, ci ucciderà tutti sotto l’aspetto economico e identitario. D’altronde, a certificare la morte dei vecchi accordi sull’immigrazione è stata un’autorità al di sopra di ogni sospetto di sovranismo come il presidente Sergio Mattarella che ieri, nel corso della conferenza stampa congiunta con il suo omologo tedesco, Frank-Walter Steinmeier, si è detto chiaramente convinto che “Le regole di Dublino sono preistoria […]  Sono una cosa fuori dalla realtà”. Come dire soffusamente, vista la sua posizione, che invasi, senza soldi e con una classe politica demenziale e disunita il Paese sta per arrivare al centro della tempesta perfetta.

Ma come siamo arrivati alla catastrofica situazione di oggi? Di chi è la colpa? E qui verrebbe la tentazione di rispondere sbrigativamente che la colpa è soprattutto nostra, di noi cittadini che abbiamo consentito ad una mediocre, poi mediocrissima classe politica di arrivare al potere senza quella selezione di merito che fanno i popoli democraticamente maturi attraverso il voto. In altre parole, fino ad oggi, abbiamo votato a cazzo di cane! Ciò premesso, si può dire che sotto il profilo tecnico il problema dell’incontrollata, e incontrollabile alle attuali condizioni, immigrazione è stato fino a oggi figlio coccolato di ogni governo e trastullo funzionale di ogni opposizione, che a periodi alterni si sono avvicendati alla guida del nostro Paese negli ultimi trent’anni, giusto per delimitare uno spazio temporale entro il quale sono avvenute le peggiori malefatte sul tema. Addirittura “malefatte” … ma siamo stati governati da malfattori fino a oggi? Peggio, siamo stati governati da incapaci ai quali è sempre difettata la capacità d’immaginare la proiezione di un problema nel futuro. Figuriamoci i dettagli contenuti nei trattati sull’immigrazione che essi sono andati a sottoscrivere, come la Convenzione-Regolamento di Dublino.

Il nostro problema, e il dramma per i diretti interessati nella gestione della biblica immigrazione proveniente principalmente dall’Africa, è figlio di alcuni dettagli contenuti nella Convenzione o Regolamenti di Dublino sull’immigrazione, dettagli tranquillamente ignorati in sede di stipula e di revisione, dai governi sia di destra che di sinistra, gli stessi che adesso si accusano a vicenda per la cattiva gestione del fenomeno. La loro superficialità su temi seri è, purtroppo, storica e ci scuserà il lettore se ci dilungheremo un pochino in due esempi per dimostrarlo.

Partiamo da quello che può considerarsi il primo caso della criminale faciloneria con la quale siamo soliti sottoscrivere le convenzioni internazionali: il trattato di Uccialli del 1889 fra il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia, che peraltro ci riconosceva il possesso della colonia eritrea da poco acquisita. Ebbene, appena sei anni dopo la sua stipula, quel trattato, che era stato scritto in aramaico e in italiano, provocò una sanguinosa guerra tra l’Etiopia e l’Italia per una ragione che oggi si stenterebbe a credere: l’errata traduzione di un articolo del trattato, errore del quale nessuno si era accorto. Alla nostra classe politica servì da lezione per il futuro quella guerra, che peraltro perdemmo, scaturita da un banale errore?  Per niente.

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Nel 1939 il governo fascista ebbe, tra le tante, l’infelice idea di sottoscrivere il famigerato Patto d’Acciaio con la Germania nazista. Quel patto si componeva di appena sette articoli, eppure il nostro ministro degli affari esteri, che all’epoca era quel farfallone del genero di Mussolini, Galeazzo Ciano, trascurò di soffermarsi su uno di essi, sull’articolo 5 che così affermava: “Le parti contraenti si obbligano fin da ora, nel caso di una guerra condotta insieme, a non concludere armistizi e paci se non di pieno accordo fra loro”. Per cui, l’armistizio unilaterale che sottoscrivemmo con gli Alleati l’8 settembre del 1943, divenne un’aperta violazione di quel trattato che, tra l’altro, Badoglio si era dimenticato di denunciare all’annuncio dell’armistizio. Quella dimenticanza fornì ai nazisti un appiglio giuridico per considerare i nostri combattenti regolari, che si opponevano a loro con le armi, come franchi tiratori e non come soldati protetti dalle convenzioni internazionali. Le stragi e l’internamento di 650.000 militari privi delle suddette garanzie internazionali, gli IMI, furono la conseguenza di quella svista.

Ma ritorniamo all’oggi: è colpa di Giorgia Meloni se sul Mediterraneo sta riversandosi una marea di disperati provenienti dall’intera Africa? Evidentemente no, visto che è al governo da meno di un anno. E allora perché tutti se la prendono con lei, che sta tentando di coinvolgere nel problema organismi sovrannazionali come l’Unione Europea e l’Onu? Ed è a questo punto che viene fuori l’altra pessima caratteristica della nostra classe politica, che è l’assoluta sfrontatezza, ma vediamo anche perché. Quali trattati europei regolano i flussi migratori legali e illegali? La risposta ovvia è: la Convenzione – Regolamenti di Dublino. Il primo sottoscrittore fu il governo di Giulio Andreotti della Democrazia Cristiana nel 1990, il secondo fu quello di Silvio Berlusconi nel 2003 e, infine, il terzo, quello di Enrico Letta del Pd nel 2013. Ebbene, nessuno dei firmatari si era accorto (forse…) di un dettaglio non da poco: ogni problema riguardante i migranti in arrivo rimaneva di esclusiva pertinenza del Paese di prima accoglienza. E qual era quel Paese che si protende nel Mediterraneo come un braccio del continente europeo e perciò obbligato dalla geografia a fare la prima accoglienza? L’Italia naturalmente.

E tuttavia i nostri governi di destra, di sinistra e di centro sottoscrissero quei regolamenti con gioiosa superficialità, salvo prendersela ciclicamente con l’Europa alla quale, all’epoca, non parve vero che in Italia vi fosse una classe politica così cogliona da essere disposta a fare del proprio Paese l’hub continentale dell’immigrazione in cambio di qualche piatto di lenticchie come  dei decimali sul sopravvenuto patto di stabilità.  Il dramma nel quale è, poi, sfociata la svista di cotanti firmatari è, al momento, in due cifre: 160.139 e 127.207. La prima riguarda il numero degli immigrati irregolari giunti in Europa da gennaio ad agosto di quest’anno (fonte: sito del Consiglio Europeo); la seconda riguarda, invece, quelli giunti in Italia nello stesso periodo ed è fornita dal sito del Ministero degli Interni. Come dire che, facendo una semplice sottrazione, anche l’opposizione al governo in carica sarebbe in grado di rendersi conto che soltanto 32.932 degli immigrati irregolari giunti in Europa fino ad oggi hanno preso altre strade… il resto si è riversato sul nostro Paese come un nugolo di voraci cavallette che noi stessi abbiamo attirato.  Come? Col reddito di cittadinanza, con le pensioni facili (loro che avrebbero dovuto pagarle a noi…), con la scuola e con la sanità totalmente gratuita, con il mantenimento dei nuovi arrivati presso strutture territoriali a spese della comunità, con un’informazione incline a chiudere un occhio sulle loro malefatte e una magistratura che, come nell’eclatante caso del Pm di Brescia, inclina ad ascoltare le ragioni del Corano più che quelle della Costituzione. E siamo soltanto agli inizi.

Visto, dunque, che in ognuno dei rassemblement antagonisti vi sono delle oggettive colpe storiche per quanto sta avvenendo sulle nostre coste, il buonsenso e un minimo di spirito patriottico imporrebbero loro di collaborare, anche da posizioni contrastanti, alla gestione e risoluzione di un problema che riguarda tutti, perché, se portato alle estreme conseguenze, esso ci cancellerà dalla geografia politica dell’Europa per sommersione etnica, come avvenne per l’Impero Romano d’Occidente. Ma dubitiamo che la nostra classe politica possa sentire questi stimoli e non siamo i soli a pensarla così, vista la conclusione dell’analisi fatta sull’Italia il 23 aprile del 2013 dal professore Roberto Orsi sul blog della London School of Economics: «L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Mario Monti ha aggravato la già grave recessione. Chi lo ha sostituito ha seguito esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia».­

E noi cittadini ignavi siamo colpevoli almeno quanto loro per ciò che sta accadendo al nostro Paese.

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