La violenza e il sacrificio
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I Carabinieri, come i Poliziotti, non sono la Stasi o la Nkvd, ma i figli di un Paese litigioso e violento che non li merita, perché essi sono portatori di un retaggio ideale che tiene uniti, e li rende unici, migliaia di uomini e donne in divisa all’insegna di valori che si chiamano coraggio, fedeltà, abnegazione, fierezza e solidarietà
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Ammetto di essere molto arrabbiato mentre scrivo perché, oltre ad avere il cuore pesante per la morte del Luogotenente Marco Piffari, del Brigadiere Valerio Daprà, del Carabiniere Davide Bernardello e il ferimento di venticinque persone tra i diversi soggetti presenti intorno alla cascina maledetta di Castel d’Azzano, sono costretto ad assistere anche alla gratuita violenza conto le forze dell’ordine da parte della peggiore teppaglia circolante in Italia. Ultima rappresentazione in questo senso, in quel di Udine, durante lo svolgimento a porte chiuse della partita Italia-Israele.
Purtroppo, credo sia inutile chiedere agli sponsor politici, sindacali e mediatici di costoro di farli ritornare su di un percorso di civile dissenso perché, se prima era giustificato scendere in piazza per invocare la pace in Palestina, ora che in quella martoriata terra si è accesa “una scintilla di pace” come l’ha definita il presidente Mattarella, bisognerebbe mobilitarsi unicamente per aiutarla sul piano logistico. E, invece, temo che i seminatori di tempesta non riusciranno più a imbrigliare la violenza che hanno deliberatamente scatenato per creare problemi al governo in carica più che perseguire la pace in Palestina.
Va da sé che non riesco a provare lo stesso sentimento di stima e affetto per la nostra classe politica, per la Magistratura e perfino per la Chiesa, ma sono orgoglioso dei nostri Poliziotti e Carabinieri che non sono la Stasi della Germania Est o la Nkvd sovietica, ma i limpidi figli di una Paese litigioso e violento che non li merita, perché essi sono portatori di un retaggio ideale che tiene uniti migliaia di uomini e donne in divisa all’insegna di valori che si chiamano coraggio, fedeltà, abnegazione, fierezza e solidarietà. E, per uno stipendio medio mensile di 1.500 euro, fanno da argine alla violenza sulle piazze perfino con i loro corpi.
I Carabinieri, in particolare, incarnano la storia stessa del nostro Paese, dall’Unità ad oggi, in pace e in guerra, in Italia e all’estero. Come ho scritto in altre, similari circostante, la retorica non si addice alla morte, perciò eviterò di ricorrervi. Cercherò anche di sottrarmi alla suggestione che evocano nomi di località che ancora oggi gridano a noi il nome dei Carabinieri, la loro valentia e il loro spirito di sacrificio e valore, quali Pastrengo, Podgora, Culquaber, Fosse Ardeatine, Fiesole, Torre di Palidoro, Nassirya, eccetera. Stempera un po’ la mia rabbia di cittadino perbene la speranza che il Luogotenente Marco Piffari, il Brigadiere Valerio Daprà e il Carabiniere Davide Bernardello siano ancora al servizio della nazione e che, con il loro sacrificio, impongano alcune riflessioni a una parte della classe politica su ciò che vuole essere in futuro: cultori della violenza come metodo politico o seminatori di pace?
(Copertina di Donato Tesauro)
Post mortem – Non è certo questo il giorno delle polemiche e, tuttavia, propongo degli spunti di riflessione con due domande: perché la pazza criminale che ha innescato l’esplosione della cascina assieme ai suoi due fratelli non era attenzionata dai servizi sanitari e sociali? Se era noto, come sembra di capire, che i tre fratelli maledetti si erano dati da fare per accatastare bombole di gas e bottiglie molotov persino sui tetti, come è stato possibile cascare nella loro trappola mandando ad aprire la porta della cascina a delle persone invece che ad un robot?
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