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Il buco nero del Centro

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In un sistema elettorale bipolare il Centro è una sovrastruttura inutile e, quand’anche non lo fosse, nessun leader nostrano è realmente centrista. Ciò perché in Italia di “Centri” ve ne sono almeno quattro o cinque, e ognuno di essi sta con chi gli pare e quando conviene al capataz di turno, necessitoso magari di trovare un posto di lavoro prestigioso per il suo rampollo in un’azienda della Difesa

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In questi giorni, facendo l’analisi del voto delle ultime elezioni amministrative, qualche commentatore ha osservato che, dopo la fine della Prima Repubblica, Forza Italia ha rappresentato il partito più longevo del panorama politico italiano. Sopra questa analisi Berlusconi ci ha messo un carico da novanta affermando che (visto il non ignominioso risultato elettorale di Forza Italia), senza un Centro trainante, il Centrodestra non vince e non governa.

Noi, in verità, siamo di tutt’altro parere, anche se è dal tempo della miserevole fine della Democrazia cristiana che, sebbene nell’ambito di sistemi elettorali diversi, partiti, partitini e gruppi politici si iscrivono a rappresentare il Centro della politica italiana. Ci sono, però, due dettagli di non poco conto: in un sistema elettorale bipolare come si sforza di essere quello nostro il Centro è una sovrastruttura inutile e quand’anche non lo fosse, nessun leader del millantato Centro nostrano è realmente centrista… è tattica. Ciò perché di “Centri” in Italia ve ne sono almeno quattro o cinque, e ognuno di essi sta con chi gli pare, e quando conviene al suo capataz, necessitoso magari di trovare un posto di lavoro prestigioso per il suo rampollo in un’azienda della Difesa. No, ve lo assicuriamo, non ci stiamo riferendo a quell’altro campione di centrismo evolutivo di Bruno Tabacci, che dalla Democrazia cristiana in poi ha cambiato tutti i partiti e schieramenti presenti in Parlamento pur di stare sempre nell’ombra di chi detiene il potere o con le sue frattaglie.

Sicché questo essere tutto e niente allo stesso tempo ha fatto sì che, sin dal 1946, in nome del Centro si siano compiuti i peggiori misfatti della politica italiana, creando di fatto una sorta di “porta del tempo”, attraverso la quale ogni eletto – nonostante gli impegni assunti – può decidere dove collocarsi in Parlamento. L’esempio più eclatante di questa impudenza morale l’hanno fornita i Cinque stelle: mai si era visto nella storia dell’Europa moderna un intero movimento/partito passare armi e bagagli al nemico che aveva giurato di combattere!

Noi non ignoriamo il fatto che un autentico Centro potrebbe porsi come una forza di mediazione tra due schieramenti contrapposti ma democratici, quali la Destra e la Sinistra, laddove però esistesse una democrazia matura e senza fronzoli formali. Per farla breve, il Centro avrebbe un senso soltanto se la nostra Costituzione prevedesse il vincolo di mandato che, grosso modo, funzionerebbe così: l’eletto si è attenuto al programma per il quale era stato votato? E allora può essere ancora eleggibile. Lo ha, invece, tradito? E allora il mandato degli elettori gli può essere ritirato dal partito anche in corso di legislatura o, quantomeno, gli dovrebbe essere preclusa la rielezione per un nuovo mandato.

Purtroppo, l’attuale Centro è speculare al poco indagato sistema di potere che si è strutturato in Italia, il quale è solito operare secondo la morale gattopardesca del “tutto deve cambiare perché tutto resti com’è”. Nel nostro Paese, infatti, negli ultimi settant’anni nessun governo – di Centrodestra o di Centrosinistra che fosse – ha perseguito con passabile serietà l’obiettivo di riformare la malmessa Pubblica amministrazione, un settore che più funziona male e più agevola il prosperare di un sistema di potere corrotto e corruttivo. Poi, grazie al killeraggio di Conte operato da Matteo Renzi (altro centrista a sua insaputa…), a inizio di anno a Palazzo Chigi è arrivato lo stupor mundi, come dire Mario Draghi, il quale, stante la collocazione dei partiti che lo appoggiano, potrebbe essere tranquillamente definito il campione assoluto del Centro, il bardo dell’apparato economico e finanziario globale. Non è stato per caso che i primi a congratularsi con lui, all’atto della sua nomina a capo del governo, sono stati i comitati d’affari legalizzati o, se preferite, gli affaristi della Banca centrale europea, del Fondo monetario internazionale e, non poteva mancare, l’Unione europea.

Pertanto, nonostante i poco esaltanti presupposti, il centrista ex presidente della Bce salverà l’Italia? In quanto uomo dei poteri forti Mario Draghi non ci piace e, tuttavia, non abbiamo difficoltà ad ammettere che egli ci ha già salvato una volta quando, in veste di presidente della Banca centrale europea, comprò i titoli di stato dei Paesi comunitari, Italia in testa, per difendere la moneta unica durante la grave crisi economica che aveva colpito l’eurozona. Da quel “Credetemi sarà abbastanza”, da lui pronunciato a Londra il 26 luglio del 2012, sono passati appena nove anni eppure sembra trascorso un secolo per le tante cose che sono nel frattempo accadute in Italia e nel mondo: abbiamo avuto due presidenti della repubblica, sei governi, a Palazzo Chigi si sono alternati cinque premier, i Cinque stelle sono andati al governo per sorteggio interno e la pandemia ha messo in ginocchio l’Occidente e per prima l’Italia, che dicono si stia riprendendo. In verità a noi non pare proprio perché siamo soliti guardare agli scaffali del supermercato, alla risalita del prezzo del petrolio, ai rincari di acqua, luce, gas, dei manufatti acciaiosi e al fatto che ai rivenditori di auto stiano venendo a mancare le auto da vendere, per il fatto che la Cina e gli Usa stanno rastrellando le materie prime disponibili sui mercati internazionali allo scopo di sostenere e di velocizzare la produzione industriale post-pandemia. Quella loro.

Ebbene, in questa particolare contingenza storica, temiamo che, a breve, il nostro Paese rimpiangerà amaramente di avere inseguito le sirene del centrismo invece di realizzare un bipolarismo pulito e democratico, il quale si riconosca, però, nelle medesime regole del gioco. E invece stiamo spacciando l’idea di un Centro salvifico come fanno i pusher con la droga, ottenendone tra l’altro il medesimo effetto collaterale: anche solo a parlarne, i suoi fautori si sentono euforici e felici ma, il giorno dopo, ad alzarci con gli occhi rossi, con la lingua paonazza, un feroce mal di testa e in preda ad una fiacchezza senza fine, siamo noi cittadini. Come dire che siamo le prime vittime di un equilibrio mediato che, per la sua stessa natura centrista, è teso a mummificare i problemi invece di risolverli.

E il guaio peggiore è che in questo momento sia al Quirinale che a Palazzo Chigi siedono due incalliti centristi, mentre il Centrodestra, uno dei due pilastri del bipolarismo democratico che ci occorrerebbe, si sta facendo suicidare sulle piazze, offrendo volenterosamente il collo.

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