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Crisi: è sparito il Centro ma c’è ancora un centrista al Quirinale

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Mattarella con Casini, il centrista transitato per tutti i partiti della prima e della seconda repubblica


Come ormai avviene in quasi tutti i Paesi democratici, alle prossime elezioni politiche che potrebbero vedere Giuseppe Conte candidato premier appoggiato da PD e Cinque Stelle, per la prima volta dal 1945 in Italia si misureranno – senza trucco e senza inganno –   la Destra e la Sinistra, distruggendo per sempre quella finzione storica che abbiamo ereditato dalla Costituente e secondo la quale la Destra e la Sinistra, prima di governare, dovevano sottoporsi al lavacro purificatore del Centro cristiano democratico
– Enzo Ciaraffa –

 

Com’era fatale, è giunto al capolinea il governo Lega più Cinque Stelle. Era anche prevedibile che il ministro e vice premier leghista avrebbe aperto la crisi nel momento a lui più favorevole, cioè adesso. La media agostana dei sondaggi dei vari istituti, infatti, assegna alla Lega il 36 – 38%, a Fratelli d’Italia il 6,3% e a Forza Italia (Berlusconi + Toti…) il 7,4 per un totale che sfiora il 60% dei consensi. Di contro, il M5S è dato al 18%, il PD al 21,6% e i suoi diversi satelliti ad un complessivo 8% per un totale del 47%.

Questo sulla carta, poi bisogna vedere cosa farà il Quirinale che, come super partes, perse la sua verginità con Scalfaro e divenne una zoccola dichiarata con Napolitano sicché, svilendo ancor di più il proprio ruolo, il suo attuale inquilino potrebbe non essere d’accordo con le elezioni di ottobre invocate da Salvini, preferendo tirar fuori dal cilindro un governo di transizione, sperando che nel frattempo si sfilacci il vasto consenso al leader leghista che in questo momento vincerebbe le elezioni. E in questa sua opera di logoramento, oltre ai Cinque Stelle e “ai sempre pronti” del PD, Mattarella potrebbe contare su diversi e potenti alleati: l’informazione che già è partita all’attacco, lo spread, l’Unione Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la Chiesa, le ONG, le diverse agenzie di rating.

Ma l’arma spendibile da subito dall’eventuale logoratore del Colle è la faccia di brava e moderata persona di Giuseppe Conte, del quale lo strombazzato distacco dal potere è venuto via via diluendosi ad ogni sua visita al sacro palazzo della Repubblica. Partito, infatti, da un «La mia esperienza di Governo termina con questa» dello scorso 25 marzo, ha celiato sulla stessa domanda novanta giorni dopo: «Se mi candiderò con una lista Conte? Se è ancora libero il posto sono disposto ad allenare la Roma», scegliendo, praticamente, di non scoprire anzitempo le sue carte. Adesso che la crisi di governo è diventata ineluttabile dopo la presentazione al Senato della mozione di sfiducia nei suoi confronti da parte della Lega, Conte ha invitato Salvini ad andare in Parlamento a spiegarla, un atto che in realtà dovrebbe compiere lui come capo dell’esecutivo, ma tutto fa brodo in questo momento per conquistare meriti resistenziali da spendere dopo ferragosto.

Come se di casotto in giro non ve ne fosse già abbastanza, si è fatto avanti pure Zingaretti: «… dobbiamo chiamare a raccolta tutta quella parte di Italia onesta [1043 arrestati nel PD per corruzione negli ultimi sette anni – N.d.A.] che vuole il lavoro, la crescita e lo sviluppo, non vuole la cultura dell’odio, che vuole ridare una dignità all’Italia che è isolata nell’Europa e nel mondo, che vuole salvare l’Italia da chi ha promesso la rivoluzione e poi ha reso questo paese più debole e più fragile. Noi diciamo innanzitutto lavoro, scuola, formazione, ripresa produttiva, investimenti, un programma per l’Italia che dia una speranza a questo bellissimo paese». Come dire che il segretario del PD vuole fare tutte quelle cose che il PD medesimo non ha saputo/voluto fare quando era al governo del Paese, che Zingaretti stesso non ha saputo fare al governo della Regione Lazio, visto che la Corte dei Conti gli ha bocciato il bilancio e la Sanità vi è ancora commissariata.

Eppure v’è un dato positivo che emerge da cotanto casotto. Se ci avete fatto caso, dalla nostra scena politica è sparito il suo peggior protagonista, quello che ha fatto da anello di congiunzione per ogni operazione politica antidemocratica, per ogni lordura conservatrice che servisse ad ammantare di democrazia l’alleanza funzionale dei due monopoli che hanno tenuto in ostaggio la democrazia italiana per settant’anni: il monopolio dell’esercizio del potere da parte della D.C. e il monopolio dell’opposizione da parte del P.C.I. . Avrete anche capito che ci riferiamo al Centro della politica italiana. L’ultimo tentativo per riportare in vita questa scellerata alleanza lo avevano fatto Renzi e Berlusconi col Patto del Nazareno nel gennaio del 2014, un patto così fuori dalle cose italiane che alla fine distrusse entrambi, relegandoli ai margini, ma molto ai margini della politica.

Sicché, come ormai avviene in quasi tutti i Paesi democratici, alle prossime (ma non sicuramente prossime…) elezioni politiche, che potrebbero vedere Giuseppe Conte candidato premier appoggiato da PD e Cinque Stelle, per la prima volta dal 1945 in Italia si misureranno – senza trucco e senza inganno –   la Destra e la Sinistra, distruggendo per sempre quella finzione storica che ereditammo dalla Costituente e secondo la quale la Destra e la Sinistra, per aver diritto a governare, dovevano sottoporsi al lavacro purificatore del Centro cristiano democratico.

Il ricordo di questi avvenimenti del nostro passato recente non ci induce, tuttavia, allo stesso ottimismo di Salvini sull’immediatezza delle elezioni e, a dirla tutta, ci inquieta non poco, il fatto che colui che dovrà gestire la crisi politica appena iniziata, Sergio Mattarella, rimanendo sopra le parti e avendo a cuore il realizzo della volontà popolare, è un sopravvissuto di quel Centro e, peraltro, anche fiero di esserlo.

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