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I calunniatori, ladri che non lasciano impronte

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calunnia

Un aforisma al giorno toglie il medico di torno

Lunga o breve che essa sia, noi esseri umani avremmo molte ragioni per svegliarci ogni giorno felici e andare a letto sereni la sera, se non altro perché siamo vivi, spesso siamo anche felici, abitiamo una terra “bella d’erba famiglia e d’animali”, nonostante facciamo del tutto per distruggerla. Eppure non v’è nulla che ci appaga più del lancio di una mirata calunnia contro un nostro simile, magari contro un conoscente al quale avevamo fatto anche profferte di amicizia e lealtà.

La calunnia, purtroppo, invece di farci vergognare di noi stessi, il più delle volte ci fa sentire allegri e superiori alla persona presa di mira, quasi come se calunniandola avessimo marcato la differenza tra lei e noi e reso un servigio alla società facendo andare a finire una persona nel tritacarne della malevolenza. Ma attenzione, la calunnia non è un venticello e neppure un colpo di cannone, come sostiene Don Basilio nell’opera “Il barbiere di Siviglia”, bensì un odioso, riprorevole misfatto morale prima che penale, perché ruba serenità, decoro e reputazione a chi, senza potersene neppure difendere poiché non ne conosce la fonte originatrice, è costretto a subirla, qualche volta perfino a morirne.  

Cerchiamo, perciò, di riflettere profondamente quando osserviamo la gente boccheggiare sotto la montagna di fango che, noi o altri, abbiamo loro lanciato addosso perché, prima o poi, toccherà a noi subire lo stesso trattamento.

(La copertina è un’opera dell’incisore veneziano Giacomo Franco dal titolo “La calunnia”)

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