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Fino a quando reggerà la maschera moderata della Cina comunista?

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In previsione del fatto che gli analisti, a proposito della corsa per la Casa Bianca, danno per vittorioso l’anziano e un po’ rintronato candidato democratico Joe Biden, detto anche “Sleep Joe”, e fidando sul marasma pandemico globale, temiamo che tempo un anno e la Cina tenterà di annettersi anche l’isola di Taiwan, che dal 1949 si è eretta a nazione indipendente sotto la protezione degli Stati Uniti
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Secondo un’indagine del centro studi Pew Research Center che ha interessato i quattordici Paesi più avanzati in campo economico, la Cina avrebbe pessimamente gestito l’epidemia di Covid-19. Siamo senz’altro d’accordo con questo giudizio e non escludiamo che il coronavirus possa essere fuoriuscito da qualche laboratorio con gli occhi a mandorla e, nondimeno, non abbiamo mai aderito alle tesi complottiste fantavirali secondo le quali la Cina avrebbe creato ad arte un virus per destabilizzare l’Occidente e poi comprarselo a prezzi di realizzo.

Rileviamo, però, che il Dragone sta facendo del tutto per dare questa impressione al mondo che già guarda con sospetto e/o fastidio al fatto che egli dichiara oggi zero contagi e sia l’unico Paese tra quelli del G-20 che ha ripreso a correre con un Pil vicino al +5%. Peraltro, la Cina sta fornendo prodotti e manufatti a mezzo mondo, la cui produzione è stata rallentata dal virus… cinese, e pertanto uscirà da questa crisi certamente più ricca e con un maggior ruolo politico che, di solito, è l’anticamera di quello militare.

Infatti, mentre il mondo annaspava nella pandemia, la Cina ne ha approfittato per saggiare le reazioni dei maggiori Paesi occidentali, USA in testa, ed alcune sue iniziative politiche ed economiche. Le prime tre sono state l’accresciuto accaparramento di terreno agricolo in Africa per produrre derrate alimentari con l’abominevole metodo del Land Grabbing, la repressione della resistenza dei cittadini di Hong Kong a fare entrare nel “sistema cinese” la loro città – Stato e la presa per il collo il del papa affinché rinnovasse l’accordo del 2018 sulla nomina del clero cinese. Ma temiamo che non finirà qui.

In previsione del fatto che tutti gli analisti, a proposito della corsa per la Casa Bianca, danno per vittorioso l’nziano e un po’ rincoglionito candidato democratico Joe Biden, detto anche “Sleep Joe”, e fidando sul marasma pandemico globale, temiamo che tempo un anno e la Cina tenterà di annettersi anche l’isola di Taiwan, che dal 1949 si è eretta a nazione indipendente sotto l’egida USA. Non si capirebbe, diversamente, il senso del duro monito lanciato dal presidente-dittatore cinese Xi Jinping in occasione della celebrazione del settantesimo anniversario dell’intervento cinese nella guerra di Corea: «La vittoria in quel conflitto è il promemoria di una nazione pronta a lottare contro chiunque crei problemi alle porte della Cina». E Taiwan è proprio alle porte della Cina, il cui spazio aereo gli americani riescono a proteggere con sempre maggiori difficoltà, come sta anche a dimostrare il fin troppo ravvicinato “incontro” tra aerei militari USA e cinesi sullo Stretto di Taiwan lo scorso mese di agosto.

Oddio, lo scontro tra la Cina e gli Stati Uniti era già nella (perversa) logica dello stato di cose nel mondo che, a ben vedere, non è molto dissimile da quello che esisteva tra la Germania e l’Inghilterra nel 1914, e che provocò la Prima Guerra Mondiale: l’attentato di Sarajevo fu soltanto la scintilla innescante un conflitto che, per motivi di supremazia economica, era pronto ad esplodere almeno un decennio prima.

Ieri, anche se non tutti se ne sono accorti perché annichiliti dal Covid, Xi Jinping ha voluto ricordarci che l’ipotesi di una Sarajevo asiatica, magari nello Stretto di Taiwan, non è così peregrina e neppure così lontana.

Per evitare, o almeno per rallentare il materializzarsi di tale evenienza ci vorrebbe, secondo noi, un’America forte e con una leadership determinata, altro che “Sleep Joe”.

Ma questo è un altro discorso che, magari, riprenderemo dopo il prossimo 3 novembre, quando sapremo chi siederà alla Casa Bianca nei prossimi quattro anni.

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