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Dimissioni di Draghi: Conte sogna il 25 luglio e avrà l’8 settembre

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dimissioni di Draghi
A differenza di Mussolini nel 1943, l’ex capo della Bce aveva previsto tutto tant’è che, alle prime intemperanze contiane, si è recato al Colle per riferire a Mattarella la sua intenzione di mandare tutti a quel paese. Sì, perché, anche se l’avvocato di Volturara Appula non l’ha capito, in questo momento l’uomo forte rimane Draghi perché, comunque andranno le vicende politiche di questa folle estate, egli rimarrà sempre in corsa per un probabilissimo reincarico e, sul medio termine, per il Quirinale

– Enzo Ciaraffa –

La notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio del fascismo e il re, che aveva dato il segreto avallo all’operazione, defenestrarono Mussolini con l’illusione di riuscire a smarcarsi da lui e dal ventennio prima che la barca affondasse del tutto, con la speranza di far dimenticare agli italiani le cose che avevano fatto e detto durante la dittatura, come le guerre di aggressione e le leggi razziali. Ma non fu soltanto la gran parte dei caporioni fascisti a diventare antifascisti nel giro di una notte perché, se fino al 24 luglio la grande maggioranza degli italiani si professava più fascista dello stesso Mussolini, appena quarantotto ore dopo quella data non si sarebbe trovato un fascista in giro neppure a pagarlo a peso d’oro.

In quel bollente luglio di 79 anni fa, infatti, avvenne la peggiore e più tragica materializzazione del trasformismo italico che, peraltro, non portò bene neppure ai principali protagonisti, perché i congiurati del Gran Consiglio finirono quasi tutti fucilati dai loro stessi camerati a Verona, incluso il vanesio genero di Mussolini, Galeazzo Ciano, mentre il “duce” finì appeso a piazzale Loreto, Vittorio Emanuele III dovette abdicare e la monarchia savoiarda fece la fine ingloriosa che meritava.

Anche in questo mese di luglio, in Italia stanno avvenendo delle cose strane perché un signor nessuno non eletto da nessuno, Giuseppe Conte, che è stato nominato da un altro non eletto da nessuno, Beppe Grillo, quale responsabile politico di un movimento in svaporamento, il M5s, ha deciso che deve far cadere il governo di Mario Draghi, anche se non se ne capisce appieno il perché. Vuol fare un piacere a Putin eliminando uno dei leader europei più atlantisti e pro Ucraina? Spera in un improbabilissimo ritorno a Palazzo Chigi? O stiamo utilizzando semplicemente la chiave di lettura sbagliata per decifrare il comportamento dell’ex avvocato del popolo? Ma ritornerò su questo punto un tantino più avanti.

Mi preme ribadire, prima di continuare, che non ho mai amato i banchieri, i magistrati e i giornalisti prestati alla politica e, dunque, non amo neppure Draghi. Ma con una guerra in atto in Europa tra due Stati sovrani, e che ha buone probabilità di allargarsi alla Nato della quale facciamo parte e alla Cina, con un’inflazione galoppante, con i prezzi delle bollette e di ogni altra cosa alle stelle e con la risalita della curva pandemica, l’ex presidente della Bce, a mio sofferto convincimento, è la persona più affidabile (e credibile all’estero) che abbiamo sulla piazza per poter gestire gli sfracelli economici e sociali che si preannunciano. E siccome di questo è convinto anche il segretario del Pd, Enrico Letta, che è stato uno dei fautori del “campo largo” con i grillini, Conte sta mettendo nei guai anche lui che, povero imbranato, se cade il governo si ritroverà a dovere affrontare le elezioni senza un alleato, perché sarebbe difficile, se non impossibile, conciliare la scelta atlantista del suo partito con i filo putiniani di Giuseppi e, quel che è peggio, senza un piano strategico alternativo.

A proposito della diversa chiave di lettura per capire che interessi possano avere Conte e l’acquiescente Grillo alle dimissioni di Draghi che appena un anno fa il comico genovese aveva definito “…uno dei nostri”, non è un atto di lesa maestà riflettere sul fatto che l’attacco al governo stia avvenendo in concomitanza col processo al figlio di Grillo a Tempio Pausania per violenza sessuale di gruppo.

C’è un nesso tra i due avvenimenti?

Allo stato delle cose credo che nessuno possa dimostrarlo.

Tuttavia, non si può vietare a nessuno di pensare che, tramite il M5s, si voglia far pagare a Draghi e a Marta Cartabia la mini riforma del Csm e della Magistratura, una leggina che ha introdotto alcuni blandi limiti al suo strapotere.

Se poi (come ritengo più probabile) la ragione dei ricatti di Conte e del M5s fondano sul tentativo di recuperare consensi in vista delle sempre più vicine elezioni politiche, o di far dimenticare tutte le anomalie e incompiute sue e del Movimento, allora tale esercizio è inutile oltre che pericoloso stante il momento, perché egli non riuscirà a conseguirà nessuno di tali obiettivi. Le sue impronte digitali, infatti, sono indelebilmente impresse sulle tavole della storia del nostro Paese.

E, poi, la maggior parte degli italiani che si recheranno alle urne hanno ben capito che la crisi energetica, che li sta riducendo sul lastrico, non è tanto figlia della guerra in Ucraina, quanto delle scelte dissennate imposte dai cosiddetti ambientalisti e per ultimi, ma non per questo meno deleteri, dai grillini. Una per tutti: se avessimo aumentato le trivelle invece di chiudere quelle già operative, oggi per l’energia non saremmo ostaggi del malvagio dittatore sedente al Cremlino.

Ma c’è un altro scheletro nell’armadio che Giuseppe Conte non potrà far sparire ed è quello della sua breve, incongruente e paradossale carriera politica: non era mai accaduto nella storia del nostro Paese che un leader, nel corso della medesima legislatura, fosse a capo di due governi, uno di destra e uno di sinistra e, se a gennaio del 2021 (durante la crisi del Conte due) Mattarella lo avesse lasciato fare con l’indecoroso reclutamento dei cosiddetti “responsabili”, ne avrebbe capeggiato uno anche di centro sinistra e con la moglie di Mastella dentro.

Avremo allora un 25 luglio anche per Mario Draghi?

Può darsi ma, a differenza di Mussolini nel 1943, l’ex capo della Bce aveva previsto tutto tant’è che, alle prime intemperanze contiane si è recato al Colle per riferire a Mattarella la sua intenzione di mandare tutti affanculo. Sì, perché anche se l’avvocato di Volturara Appula non l’ha capito, l’uomo forte in questo momento, in Italia e in Europa, è ancora Draghi il quale, comunque andranno le vicende di questa folle estate, rimarrà in corsa per un probabile reincarico a Palazzo Chigi e, sul medio termine, per il Quirinale.

Ciò mentre Conte, nel caso di una débâcle elettorale del M5s quasi certa, sparirebbe dalla circolazione, a tutto vantaggio del leader di Insieme per il futuro, Luigi Di Maio, che non sarà un genio ma al suo confronto sembra Cavour

Giusto per terminare restando nel girone infernale della storia d’Italia, diciamo che, dopo il 25 luglio, per il destino politico di Conte, di Grillo e del M5s si profila lo stesso sfacelo dell’8 settembre 1943.

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