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Matrimoni, dall’accoppiata per caso all’abito da sposa

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Nella società umana primordiale non esisteva qualcosa di simile al matrimonio perché gli individui di sesso maschile erano soliti accoppiarsi quando ne avevano voglia e opportunità con ogni femmina disponibile, alla maniera animale e senza nessun coinvolgimento affettivo. A un certo punto della loro evoluzione, però, accadde qualcosa che indusse maschi e femmine della specie umana a farlo in modo diverso

 – Enzo Ciaraffa –

Sono stufo di sentir parlare quasi unicamente di famiglie arcobaleno, di matrimoni gay e di utero in affitto in nome di una mai chiarita scelta di democrazia: ma scusate, di matrimoni normali (volevo dire proprio “normale”) non ne parla più nessuno? Su di una popolazione adulta, stimata in venti milioni di persone, esistono ancora ragazze e ragazzi che decidono di unirsi nel vincolo del matrimonio? E allora parliamo di loro! Ma sì, facciamolo in aprile, quando gli uomini, la natura e gli dei sembrano parlare il medesimo linguaggio. Almeno per un po’. Aprile, infatti, è uno dei mesi in cui la maggior parte dei fidanzati sceglie di sposarsi perché è il mese in cui l’aria si fa mite e il cielo quasi sempre azzurro, dopo la pausa invernale, riprende a offrire il meglio in fatto di fiori e di colori, perfetta coreografia di ogni festa.

Peraltro, nel 2021 in Italia si sono celebrati la bellezza di 180.416 matrimoni, come dire l’86,3% in più rispetto all’anno precedente (fonte: Il “Sole 24 Ore” digitale del 6 marzo 2023).

Ma da quando gli esseri umani hanno iniziato a sentire la necessità di “ufficializzare” la loro unione e perché? Un legame a due senza vincoli statuali non sarebbe stato da preferire? Può darsi, ma vediamo come ci siamo arrivati all’istituto del matrimonio e all’abito da sposa.

Nella società primordiale non esisteva qualcosa di simile al matrimonio perché gli individui erano soliti accoppiarsi quando ne avevano voglia e opportunità con ogni femmina disponibile, alla maniera animale e senza nessun coinvolgimento affettivo. A un certo punto della loro evoluzione, però, accadde qualcosa che indusse maschi e femmine della specie umana a farlo in modo diverso, vis a vis: fu in quel preciso momento che riteniamo siano nati quelli che oggi definiamo sentimento e coppia, come dire una situazione nuova e foriera di nuovi problemi per la società primordiale. Sì, perché, per quanto inedita potesse essere la nuova situazione dei rapporti tra i membri di sesso diverso del branco/tribù, essa andava disciplinata con regole e riti per evitare che avvenisse tra i maschi umani ciò che avveniva nei maschi animali che lottavano cruentemente per il possesso delle femmine, mettendo a soqquadro l’assetto societario del branco. Ecco, crediamo che così sia nata l’usanza del matrimonio e dei riti a esso connessi anche se, nel tempo, l’usanza si è adeguata alla latitudine, ai costumi e al livello di cultura dei popoli, come dimostrano i riti matrimoniali che si celebravano presso le due civiltà che hanno avuto il potere d’improntare la storia dell’Occidente, quella greca e quella romana.

I matrimoni presso gli antichi greci avvenivano così: era steso un contratto tra il padre della sposa e il futuro genero, contratto che, però, diventava valido soltanto quando i due nubendi iniziavano a vivere sotto lo stesso tetto. La parte rituale delle nozze dei greci antichi nacque, in effetti, soltanto per comunicare ai membri della propria fratria (tribù) il consenso paterno a quell’unione. Come si vede, eccetto i riti propiziatori celebrati dai genitori degli sposi e il lavacro purificatorio di questi ultimi presso una fonte ritenuta sacra, il rituale delle nozze presso i greci era piuttosto semplice ma, in verità, anche privo di pathos.

A proposito del bagno purificatorio, poi, a noi viene il sospetto che esso dovesse essere soltanto un’accurata strigliata agli sposi prima di farli giacere insieme. Ciò, secondo noi, era imposto dal fatto che le donne dell’antica Grecia non emanavano un buon odore perché usavano la pasta di spremitura delle olive come cosmetico per il corpo e neppure gli uomini che, invece, utilizzavano l’olio di oliva come tonico per i muscoli. Se aggiungiamo che la dieta-base dei greci era costituita da olive, cipolle, aglio e formaggio, si capisce che il nostro sospetto sul loro “profumino” ha una qualche fondatezza storica. Per farla breve, presso gli antichi greci la cerimonia delle nozze si riduceva a un semplice contratto tra le parti, contratto in cui la sposa non aveva nessuna voce in capitolo.

«Ubi tu Gaius, ego Gaia», come dire ovunque tu sia, lì io sarò, oppure dovunque tu sarai felice, lì sarò felice. Questa era la formula rituale con cui gli sposi dell’antica Roma contraevano matrimonio davanti a un sacerdote: non crediamo esista al mondo, una formula matrimoniale più bella, romantica e profonda di quella che usavano gli sposi di Roma antica.

Dai rituali ufficiali parrebbe che la morale matrimoniale e familiare presso la società greca e romana fosse molto elevata ma, in realtà, non era così. Giusto per fare un esempio tra i più calzanti, gli antichi greci nel campo della morale erano piuttosto elastici, tant’è che s’inventarono divinità che erano ancora più elastiche: se essi concupivano una fanciulla, o insidiavano la moglie di un altro, state tranquilli che lo aveva già fatto qualche dio del loro affollatissimo Pantheon! Non deve meravigliare, quindi, il fatto che – nonostante la morale ufficiale delle Polis greche e della società latina – fiorissero riti orgiastici collettivi come i Baccanali e i Misteri Eleusini.

Poi subentrò il Cristianesimo e allora il clima si fece più pesante per i crapuloni e i fornicatori, i quali, oltre alla morte in questo mondo, da quel momento rischiarono anche l’inferno in quell’altro: potevano sì aspirare ai piaceri della carne, ma con una sola donna e non prima di averla sposata. Fino a quel punto pazienza, gli uomini che già avevano un sacco di problemi con i barbari invasori, divennero monogami e non ci pensarono più, ma il guaio (e la fortuna di sarti e ristoratori) fu che le nozze dovevano essere testimoniate dalla comunità cristiana alla quale appartenevano gli sposi, una moltitudine di persone da ospitare e in qualche misura nutrire.

Ma se gli sposi della parabola evangelica delle nozze di Cana – beati loro! – poterono contare sull’intervento miracoloso del Redentore, il quale trasformò l’acqua in ottimo vino, quelli di oggi, se vogliono offrire ai loro invitati almeno un bicchiere di Bardolino, devono mettere mano al portafoglio. Il vino, però, deve poggiare su qualcosa di solido e questo ha dato origine alla tradizione del pranzo di nozze, croce e delizia di sposi, invitati e consuoceri.

Sorvolando sull’aspetto più prosaico di una cerimonia nuziale, ossia quello mangereccio, passiamo a uno dei suoi lati romantici come quello dell’usanza dell’abito nuziale. Tale usanza risale – tanto per cambiare – agli antichi progenitori latini che, quando la figlia raggiungeva la maturità sessuale, le regalavano una tunica bianca da indossare il giorno delle nozze e un velo per coprire i capelli. Tanto più la tunica era impreziosita da ricami e ornamenti e il velo della sposa era lungo, tanto più ricca e importante appariva la sua famiglia. Va da sé che, per il suo alto costo, l’abito da sposa non era molto diffuso nella miserabile società che si stava strutturando dopo la caduta dell’Impero di Roma e, anzi, se ne perse quasi del tutto la memoria e la tradizione.

Furono la figlia di un re d’Inghilterra, Enrico IV, e una regina di Scozia, Maria Stuart, che lo riportarono in auge perché furono le prime donne che poterono permettersi un abito da sposa così sfarzoso da essere ancora ricordato ai nostri giorni, come l’abito da sposa con le maniche d’ermellino della principessa inglese, e il manto di pelliccia di ermellino per la regina scozzese, abiti che ai tempi dovettero costare una fortuna!

La moda degli abiti nuziali sfarzosi per le classi abbienti durò fino al periodo di quella Rivoluzione Francese che abbatté la monarchia e che, per ironia della sorte, elaborò uno stile che si chiamò Stile Impero. Si trattava di abiti che mettevano in risalto la femminilità grazie a un bustino corto che arrivava fin sotto il seno da cui, morbida, scendeva una gonna di tessuto leggero. Ma fu col matrimonio della regina inglese Vittoria che, celebrato nel 1840, ebbe una enorme eco sui giornali del tempo, i quali diffusero bozzetti e approssimative fotografie dei regali sposi. Poi arrivarono la rivoluzione industriale e un più diffuso benessere economico a rendere l’abito nuziale accessibile anche alle spose appartenenti alla piccola borghesia. Per fortuna le cose sono cambiate nella società umana nel senso che qualsiasi donna oggi può permettersi un abito nuziale prodotto perfino in serie, anche se rileviamo che non è cambiata la funzione sociale del matrimonio e la simbologia dell’abito da sposa, tant’è che vi ricorrono anche coloro che non hanno titolo biologico per poter procreare una famiglia.

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