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Uno a zero per Orbán

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Orbàn
Dal premier ungherese è venuta una bella lezione di democrazia e d’indipendenza della Magistratura del suo Paese, per tutti, soprattutto per l’Italia dove, secondo una stima della Banca d’Italia del 2028, la giustizia funziona così male che ci costa la perdita dell’1% del Pil ogni anno

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Ilaria Salis è un’insegnante elementare di 39 anni che milita nell’estrema sinistra europea, la quale il 9 febbraio dello scorso anno è partita dall’Italia col deliberato intento di recarsi a Budapest dove, assieme ai compagni tedeschi Tobias Edelhoff e Anna Cristina Mehwald, intendeva protestare contro un gruppo di estrema destra che ogni anno commemora l’impresa di un battaglione di militari ungheresi e tedeschi che nel 1945 si oppose strenuamente all’avanzata dell’Armata Rossa. Secondo la Magistratura magiara i tre farebbero parte della famigerata Hammerbande (la banda del martello), un’organizzazione anarcoide tedesca specializzata nel malmenare, anche con asce e martelli – da qui il nome – gli avversari politici. Infatti, non appena a Budapest, la Salis & C. hanno avuto a tiro tre supposti manifestanti di estrema destra che hanno aggredito ferendoli. Dopo di che, come prevedono le leggi ungheresi per il reato di aggressione con feriti, l’11 febbraio del 2023 Ilaria Salis e compagni sono stati arrestati e tradotti in carcere.

Ovviamente il governo italiano sapeva dell’arresto della Salis in Ungheria fin da subito, ma la sua difesa era ardimentosa stante il corposo curriculum di processi e denunce a suo carico e, soprattutto, stante la diversità della legislazione ungherese rispetto a quella italiana. Neppure la Sinistra, solitamente solidale con anarchici ed estremisti rossi, l’aveva difesa alla sua solita maniera forse perché, al momento degli accadimenti, il caso non aveva nulla di folclorico, nulla che potesse essere sfruttato dalla propaganda contro gli pseudo-fascisti italiani che sono al governo.

Poi, lo scorso 29 gennaio Ilaria è comparsa per la prima udienza nel Palazzo di Giustizia di Budapest, per rispondere del reato di “lesioni potenzialmente mortali”, incatenata con ceppi e manette come usa in molti Paesi europei ed extraeuropei di consolidata democrazia quali gli Stati Uniti. Tuttavia, lo spettacolo della Salis in catene come uno schiavo nero della Luisiana, era oggettivamente inguardabile per la nostra sensibilità giuridica. E allora una lampadina deve essersi accesa nella mente di Elly Schlein e dei capataz del Pd, nei gruppi dei diritti umani (dei sinistri) e dei media loro fiancheggiatori, i quali non vedevano l’ora di avere finalmente in mano qualcosa di corposo da scagliare contro il governo di Giorgia Meloni, come la “brutalità” delle leggi nel Paese del suo amico sovranista Viktor Orbán. Perfino gli eurodeputati del Pd che, per seguire acriticamente le bislacche politiche della sinistra europea sull’agricoltura, si sono fatti arrivare i lavoratori dei campi con le mazze in mano fin sotto la sede del Parlamento di Bruxelles, hanno trovato il tempo di scrivere una lettera all’ambasciatore ungherese nell’Ue per perorare la causa della Salis.

Giusta ogni iniziativa, per carità, un nostro concittadino arrestato all’estero va seguito e, fin dove è possibile, anche aiutato dal governo, ma cogliamo una grande contraddizione da parte delle sinistre italiane ed europee. Esse, infatti, nel 2018 furono le entusiastiche promotrici dell’attivazione dell’articolo 7 del trattato costituivo della Ue, quello che prevede la sospensione del diritto di voto in seno al Consiglio Europeo del Paese-membro che violi lo stato di diritto. Il Paese fellone era, ovviamente, l’Ungheria di Orbán, dove sarebbe stata in pericolo l’indipendenza della giustizia. La verità era molto più semplice: i sinistri di Bruxelles, come i democratici americani e il Pd nostrano, si ritengono gli unici detentori dell’indipendenza della giustizia in terra e, ovviamente, della democrazia, ma basta guardare dove governano per rendersi conto della loro presunzione. Vogliamo parlare degli Usa in mano all’imbelle democratico Biden? Oppure della Germania e della Francia i cui leader “democratici” sono, in questo momento, i più odiati dalla maggioranza dei loro rispettivi popoli?

Ma ritornando a questi giorni di costruite polemiche e finti trasalimenti, da più parti, anche nella maggioranza che la sostiene, è stato fatto pressing su Giorgia Meloni affinché mettesse una buona parola col perfido, antidemocratico Orbán sul caso di Ilaria Salis. Questa la risposta del premier magiaro alle sollecitazioni della premier italiana: «Ho raccontato nei dettagli il caso di Ilaria Salis alla premier Giorgia Meloni. Le ho detto che la Magistratura non dipende dal Governo ma dal Parlamento. L’unica cosa che sono legittimato a fare è fornire i dettagli sul suo trattamento […] Tutti i diritti saranno garantiti». Per tutti una bella lezione di democrazia e d’indipendenza della Magistratura ungherese, soprattutto per l’Italia dove, secondo una stima della Banca d’Italia del 2018 la nostra democratica giustizia funziona così male che, come effetto collaterale, ci costa la perdita dell’1% del Pil ogni anno. Senza dimenticare che qualche anno dopo, precisamente nel 2021, il commissario europeo alla giustizia Didier Reynders nel suo rapporto annuale accusò anche la Magistratura italiana di non brillare per la velocità dei processi e di muoversi nell’ambito di una scarsa indipendenza.

Che cos’altro aggiungere se non 1 a 0 per Orbán? Se, poi, il nostro governo dovesse in qualche maniera fare anche un accordo con la Magistratura magiara per consentire alla Salis di stare agli arresti in Italia, beh, allora potremmo parlare addirittura di vittoria alle Olimpiadi della diplomazia della nostra premier.

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