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Un baciamano o una ferita aperta?

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Il baciamano ad un uomo potrebbe non significare necessariamente sottomissione. D’altronde un popolo che in epoche passate non aveva mai permesso alla Spagna di esportarvi l’Inquisizione, un popolo che a settembre del 1943 – quando neppure si era ancora costituito il movimento partigiano – riuscì a cacciare i tedeschi da Napoli in sole quattro, epiche giornate di lotta, non può essere per niente incline alla sottomissione. Evidentemente
– Enzo Ciaraffa –

Quando un politico molto popolare, o comunque una persona dalla quale ci si aspetta qualcosa, si reca nel napoletano può succedere di tutto, perché la Campania è fatta così, è passionale, vulcanica e piena di affetto per chi la prende a cuore. Quello stesso affetto che non sa più su chi riversare, poiché da secoli puntualmente illusa e tradita dai potenti di turno.

A Matteo Salvini è successo che, l’altrieri ad Afragola, un uomo tra la calca gli prendesse la mano e, inaspettatamente, gliela baciasse invece di stringergliela, un gesto che – pressato da una folla affettuosa e disordinata come nel caso – nessuno sarebbe riuscito a prevenire e/o a sottrarvisi.

Vignetta di Donato Tesauro

Apriti cielo! La foto del baciamano ha fatto il giro del web diventando subito virale e forse questo era proprio il risultato che voleva ottenere il fotografo, salvo che gli oppositori di Salvini, e del governo, hanno interpretato in modo strumentale questa foto, cercando di presentare il ministro degli interni come una specie di boss in trasferta nel Napoletano. Essi, cioè, continuano a fingere di non capire che il consenso del ministro degli interni fonda sulla concretezza, magari un po’ ruspante, delle cose che fa e che, perciò, alla gente importa poco dei baciamani casuali, che indossi il giacchino della Polizia, o dei Pompieri, o anche la mozzetta del papa eventualmente.

Oddio, per quanto riguarda le iniziative politiche degli oppositori di questo governo non ci sorprende più niente dopo il fascistometro, le interrogazioni parlamentari sui giubbotti di Salvini, le polemiche per la sua cravatta rossa, per la fetta di pane con la nutella o per un nuovo processo di Norimberga proposto dal sindaco di Palermo. Ma un progettino politico da opporre a lui e da proporre agli italiani no, eh?

Ma chi, a nostro avviso, esce peggio da questo ennesimo borborigmo informativo è la gran parte dei media, ormai sempre più protesa a raspare tra il pattume che ci propina quotidianamente il web, assieme – per fortuna! – ad una sia pur minima informazione oggettiva che, stando così le cose, finisce col diventare quasi controinformazione.

Nessuno, ad esempio, ha scritto che il baciamano ad un uomo in Campania non significa necessariamente sottomissione ma talvolta, come nel caso, soltanto disperazione. Come anche nessuno dei guru dell’informazione si è preso la briga di spiegare ai lettori che, da Garibaldi in poi, chiunque sia venuto Napoli con la promessa di volerla restituire alla sua grande storia, ha sempre ricevuto un affettuoso baciamano. D’altronde un popolo che in epoche passate non aveva mai permesso alla Spagna di esportarvi l’Inquisizione, un popolo che a settembre del 1943 – quando neppure si era ancora costituito il movimento partigiano – riuscì a cacciare i tedeschi da Napoli in sole quattro, epiche giornate di lotta, non può essere incline alla sottomissione. Tutt’altro!

La verità è che pochi giornalisti – tra i quali annovero il mio amico napoletano Gerardo Verolino – hanno avuto il coraggio civile di battere e ribattere sul fatto che Napoli e il suo hinterland sono per l’Italia una ferita aperta, perché stanno lentamente morendo di disoccupazione, di rifiuti tossici, dei tanti problemi connessi ad un’immigrazione incontrollata, di sacco edilizio, di collusione tra politica e malaffare, di mancanza di futuro per i giovani e, infine, di demagogia. Insomma quel baciamano, peraltro fatto – come pare – da un vecchio ed esuberante simpatizzante di Salvini, andrebbe letto in modo diverso.

Le notti dei napoletani, ormai, non sono più segnate dalle serenate di qualche innamorato all’antica, ma dalle deflagrazioni delle bombe intimidatorie della camorra. Eppure, nonostante una tale mole di problemi da risolvere, il sindaco di Napoli ha minacciato il governo di mettere in mare una flottiglia privata per portare in città quegli immigrati irregolari che il decreto sicurezza tende, invece, a tener lontani dalle nostre coste se non vi giungono in modo regolare. Soprattutto – ed è cronaca di queste ore – per evitare che muoiano in mare a centinaia mentre, sulla loro pelle, si arricchiscono scafisti e Ong.

Arroccato a Palazzo San Giacomo, dove il dolore della gente pare non riesca a penetrare, il sindaco di Napoli è il paradigma perfetto dei politici che, a fine mandato, tentano di fare una bandiera politica dell’avversione a Salvini. Esattamente com’è accaduto fino al 2011: tanti politici ancora in auge e molti giornalisti, oggi non esisterebbero se non fosse esistito il bieco Cavaliere.

Siamo certi, pertanto, che se Salvini assieme al governo di cui fa parte farà soltanto una delle cose che ha detto di voler fare per la capitale del Sud, la prossima volta che il vice premier andrà a Napoli, troverà il red carpet all’uscita dell’aeroporto di Capodichino.

Almeno questo è ciò che abbiamo letto nel baciamano di Afragola.

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