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Roberto Maroni, il federalista col senso dello Stato

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Roberto Maroni
Non avremmo mai incontrato lo scomparso ex ministro leghista con un bicchiere di mojito in mano sulla battigia del Papeete. Se proprio dovesse imporsi un raffronto tra l’ieri e l’oggi della Lega, tra Maroni e un leghista d’oggidì, la scelta cadrebbe certamente su Giancarlo Giorgetti, perché entrambi sobri e decorosi nel loro ruolo istituzionale

– Enzo Ciaraffa –

Durante i giorni che nel 1995 precedettero la caduta del primo governo Berlusconi, Alfredo Biondi, avvocato e leader del Partito Liberale Italiano, disse che se non fosse stato per Berlusconi che lo aveva nominato ministro degli interni, Roberto Maroni, leghista e avvocato pure lui, sarebbe stato ancora a recuperare i crediti per l’Avon. In verità, fatta la tara sul fatto che Biondi come tutti i toscani aveva la battuta al fulmicotone, non mi pare di ricordare che il defunto ex ministro sia stato un politico di prima grandezza. Una persona perbene sì.

Chi scrive lo incontrò una sola volta presso il Salone Estense di Varese, in occasione di una manifestazione di beneficenza promossa da una onlus locale. In quella circostanza ci scambiammo un fugace e rituale saluto allorché gli fui presentato, davvero troppo poco per poter azzardare un giudizio sulla persona che non vada oltre un’impressione personale.

Ecco, nonostante la mia diffidenza nei confronti dei politici in generale, l’impressione che mi fece il defunto ministro varesino fu positiva perché mi sembrò un’autentica brava persona. Oddio, poco per poter svolgere con glorioso costrutto un incarico di governo, ma sempre meglio di molti suoi colleghi della politica di ieri e di oggi i quali, oltre ad essere incapaci, non sono neppure dei brav’uomini, quando non li scopriamo anche corrotti e corruttori. 

Roberto Maroni, invece, dava l’idea di essere un’altra pasta d’uomo, come dire disinteressato e convinto delle cose che pensava, anche quando erano sciocchezze come le famigerate Ronde Padane, che s’inventò quando era ministro degli interni nell’ultimo governo Berlusconi. Le ronde, ovviamente, furono un flop perché il defunto era più bravo a cimentarsi col sassofono che con la Costituzione.

Però, a differenza dell’attuale segretario leghista che è federalista o nazionalista a corrente alternata, Maroni è stato sempre un convinto e serio federalista, pur avversando il secessionismo e le camarille.

Oltre che presidente della Regione Lombardia, come Salvini è stato ministro degli interni è segretario della Lega Nord, ma aveva una caratteristica che lo rendeva l’antitesi umana e politica dell’attuale segretario: era sobrio e possedeva il senso dello Stato… Roberto Maroni non lo avremmo mai incontrato con la trippa di fuori e un bicchiere di mojito in mano sulla battigia del Papeete!

Ecco, se dovessi fare un raffronto tra l’eri e l’oggi delle Lega, tra Maroni e un leghista d’oggidì, sceglierei di sicuro Giancarlo Giorgetti perché ha la sua stessa sobrietà e decoro nei ruoli istituzionali.

Con Roberto Maroni se ne va una parte della storia della Lega, probabilmente la migliore.

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