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Palpeggiare il sedere di una ragazza è grave ma…

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Dovremmo domandarci perché ci vuole un quarto di secolo per punire i responsabili della morte di un giovane e appena un anno per arrivare alla sentenza per un palpeggiamento di sedere. Sia chiaro che toccare una donna senza il suo consenso è molto grave, tuttavia, vista l’introduzione di sempre nuovi reati nel nostro affollato codice, abbiamo il dovere di chiederci se non sarebbe meglio, in base ai dati forniti dall’Istat, stabilire anno per anno la priorità da assegnare al perseguimento dei reati

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In un Paese normale ci vorrebbe davvero una perversa fantasia per trovare una qualche connessione tra il palpeggiamento del sedere di una ragazza e la morte di un giovane paracadutista, ma in Italia siffatte connessioni non sono proprio impossibili, e se avete un po’ di pazienza cari amici de Il Rullo, cercheremo di spiegare anche il perché.

Qualche settimana fa il tribunale di Roma ha assolto con una sentenza al limite della surrealtà un bidello dell’istituto “Roberto Rossellini” accusato di violenza sessuale per aver palpato, il 12 aprile dell’anno scorso, il sedere di una studentessa diciassettenne. Oddio, la sentenza di per sé non farebbe neppure una notizia (abituati come siamo alle stranezze della giustizia nel Belpaese), se non fosse per la surreale motivazione sulla quale la Corte ha basato la sua decisione: la palpatina sarebbe durata appena «…una manciata di secondi», troppo pochi perché il palpeggiamento potesse procurare piacere al reo. Insomma, la Corte ha privilegiato la tesi della difesa incentrata appunto sullo scherzo maldestro rispetto al reato intenzionale.

Intanto bisogna dire che, come rilevato dalla stessa sconsolata vittima del palpeggiamento a margine della sentenza, per scherzare bisogna essere almeno in due, e perdipiù ci appare antigiuridico e ridicolo fondare una sentenza sul fatto che il reato in contestazione sia stato commesso soltanto per pochi secondi. Peraltro, a riguardo di tale fattispecie l’orientamento della Cassazione è che «…l’intrusione nelle parti erogene altrui costituisce violenza sessuale, indipendentemente dal piacere provato dal reo».

Ma lasciamo il prosieguo di questa faccenda nelle mani dei fini giuristi e del Pm di Roma, che magari proporrà l’appello, e andiamo a soffermarci su di un’altra sentenza che, se possibile, è ancora più sconcertante della prima, emessa sempre pochi giorni fa dalla Corte d’Assise del tribunale di Pisa dopo ventiquattro anni dal fatto giudicato, avvenuto il 16 agosto del 1999 presso la caserma “Gian Paolo Gamerra” che ospitava i paracadutisti della Folgore. Ebbene, in quella caserma morì il parà di leva siciliano Emanuele Scieri, pare a causa di un atto di nonnismo finito male, posto in essere da due graduati, entrambi condannati a ventisei anni di reclusione.

Anche in questo caso ci asteniamo dell’entrare nel vivo della sentenza per produrci, invece, in una domanda: un quarto di secolo per punire i responsabili della morte di un giovane e in appena un anno è arrivata la sentenza per una toccata di sedere? Sia chiaro che per noi palpare una donna senza il suo consenso è grave e, tuttavia, ci domandiamo se, data l’abnorme introduzione di nuovi reati nei nostri già affollati codici, non sia meglio, in base ai dati forniti dall’Istat, stabilire anno per anno la priorità da assegnare al perseguimento dei vari tipi di reato come avviene nei Paesi di antica e robusta democrazia.

L’abbiamo messo in conto il fatto che le domande e le osservazioni di cui sopra possano essere tacciate di qualunquismo, ma gli amministrati che si pongono tali domande incominciano a pensare, evidentemente, che qualcosa non sta andando per il verso giusto nell’amministrazione della giustizia in Italia. E, poi, se siamo qualunquisti noi lo è anche la legge, posto che il governo ha avuto la delega dal Parlamento (L. 27 settembre 2021, numero 134) per riformare l’amministrazione della giustizia, laddove si dovranno individuare i «Criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle Procure, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili». Il che, fuori dal politichese, è esattamente ciò che proponiamo noi. A questo punto, oltre che darci dei qualunquisti, qualcuno potrebbe ritenerci anche degli sfegatati estimatori di quel ministro, Carlo Nordio, che vorrebbe riformare l’amministrazione della giustizia in Italia. Ebbene, in tal caso questo “qualcuno” avrebbe sicuramente ragione!

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