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Ogni volta che Conte apre la bocca va giù il PIL

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Nell’ultima conferenza stampa sull’ennesimo DPCM il premier Giuseppe Conte ha anticipato alla sua maniera, cioè senza dirlo chiaramente, che quello in arrivo sarà il peggior Natale del dopoguerra. Alle parole dell’avvocato del popolo non avranno fatto salti di gioia i gestori del settore alimentare, dell’abbigliamento, i pasticcieri, i venditori di regali, gli addetti al settore della ricezione e della ristorazione i quali, come minimo avranno disdetto in tutto, o in parte, gli ordinativi di merce per le festività natalizie, un giro di affari che vale una trentina di miliardi
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Quella stagione di crescita economica, produttiva e culturale che viene ricordata come il “miracolo italiano”, durò grosso modo dal 1950 ai primi anni ‘60 del Novecento e fu dovuto a svariati fattori, il primo tra i tanti il fatto che lo Stato da un lato partecipava direttamente alla ricostruzione del Paese, dall’altro incoraggiava il laissez-faire nel campo delle attività produttive e commerciali, limitandosi a ragionevoli prelazioni fiscali sulla ricchezza prodotta. Quel periodo, che fu anche detto del boom economico, fece dell’Italia una delle maggiori potenze industriali del mondo nonostante lo spopolamento delle campagne, gli affioranti squilibri di carattere sociale e l’acuirsi del divario tra il Nord e il Sud. Come dire che il boom economico recava in seno i tre germi che avrebbero minato lo stato di salute della giovane e immatura democrazia italiana, uno stato di salute che andrà via peggiorando, fino al punto che un oscuro avvocato di Volturara Appula potrà spazzare impunemente via buona parte dei nostri diritti e imporci una sorta di dittatura sanitaria. E ciò senza fare neppure la marcia su Roma!

Ma ritornando al boom economico, puntuali sopravvennero tempi molto cupi caratterizzati dalla predazione sistematica dell’erario da parte della classe politica, dalla recessione economica e, infine, dal terrorismo brigatista di fronte al quale la classe politica e dirigente si fece trovare in parte impreparata, in parte acquiescente. Eppure mai nella nostra storia nazionale eravamo stati governati da personaggi così scadenti come quelli di oggi, ai quali ci si potrebbe anche abituare perché, in fondo, non siamo molto migliori di loro, ma anche pericolosi, talmente pericolosi che ogni qualvolta aprono la bocca la credibilità dell’Italia all’estero va a finire nel cesso assieme a una montagna di miliardi.

Due esempi abbastanza recenti. Quando il coronavirus si scatenò in tutta la sua virulenza partendo dal Nord Italia, il capo del governo, che qualche mese prima se ne andava per televisioni ad assicurare di avere tutto sotto controllo, si scagliò pubblicamente contro la sanità lombarda accusandola di non aver fatto le cose che doveva fare per arginare la diffusione del Covid-19, cose che in realtà toccava al governo fare, come chiudere le zone rosse di Alzano e Nembro. Praticamente l’autonominatosi emulo di Churchill dichiarò urbi et orbi che la sanità italiana era inaffidabile, col risultato immediato che gli altri Paesi preclusero l’accesso agli italiani e, allo stesso tempo, consigliarono ai loro cittadini di disertare le nostre contrade per le vacanze estive, mettendo così col sedere per terra l’intero settore dell’accoglienza. Un danno incalcolabile se consideriamo che quel settore muove un giro di affari valutato intorno ai 240 miliardi, che corrisponde al 13,2 del PIL, come dal dato 2018 dell’Ente Nazionale per il Turismo.

A questo punto saremmo portati a pensare che il nostro impavido capo del governo, autodefinitosi anche “avvocato del popolo”, abbia imparato qualcosa o che sia diventato, quantomeno, più riflessivo prima di aprire la bocca. Macché, ha fatto peggio di prima! Nella conferenza stampa dell’altrieri per illustrare il nuovo si fa per dire DPCM, Conte subito dopo essersi autoincensato alla sua maniera, ha anticipato come saranno le nostre festività natalizie: «I mercati credono in quello che facciamo […] Non ho mai detto che ci sarà un Natale con veglioni, cenoni, baci e abbracci». A queste parole dell’avvocato del popolo immaginate la gioia dei gestori del settore alimentare, dell’abbigliamento, dei pasticcieri, dei venditori di regali, degli addetti al settore della ricezione e della ristorazione i quali, come minimo avranno disdetto, in tutto o in parte gli ordinativi, di merce per le festività natalizie, un giro di affari che secondo una rilevazione di Confcommercio del 2018 vale  29 miliardi.

Bisogna anche dire che non tutti i capi di governo che si sono succeduti alla guida di questo disgraziato Paese erano dei geni, anzi a dire il vero da Cavour in poi non lo è stato nessuno, ma mai avevamo avuto un primo ministro che ogni volta che apriva la bocca faceva precipitare il PIL e salire il debito pubblico!

Eppure, nonostante questa sua capacità sgarrupatoria, non ce l’abbiamo con Conte che prima o poi una pletora di arrabbiate categorie caccerà a calci da Palazzo Chigi, ma col suo mentore del Colle che, sebbene in modo più soft (non dimentichiamo che è un democristiano di vecchia scuola…) sta facendo anche peggio dei suoi predecessori nell’ex reggia savoiarda. Infatti, invece di porre un freno alle caotiche iniziative del primo ministro in tema di pandemia, economia ed immigrazione i cui costi li paghiamo noi, lo sta spronando ad una maggiore apertura dei porti e alla patrimoniale, chiedendo peraltro alle opposizioni di mettersi da parte oppure collaborare col governo, in nome di un patriottismo al quale probabilmente non crede neppure lui.

Peraltro, sia Mattarella che Conte non si sono ancora accorti che sull’Italia e sul mondo incombe la tempesta perfetta, ovvero una guerra vera tra il vecchio ordine mondiale, che si spaccia per democrazia con la Cina Comunista in testa, e il popolo globale, i nuovi partigiani della libertà e dei diritti che a un sistema di potere mondiale retto da tre o quattro multinazionali fa comodo demonizzare chiamandoli  sovranisti oppure negazionisti se osano appalesare dubbi sulla conduzione della lotta al Covid-19. E in quella che per molti  aspetti connessi alla globalizzazione potrà considerarsi una “guerra civile”, probabilmente saremo noi liberali e libertari a dover prendere la via delle montagne e cantare  “Bella ciao”.

E non ci stupiremmo se questa guerra civile planetaria prendesse l’abbrivio negli USA del dopo Trump.

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