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La dottoressa Buttiglieri, sempre e in ogni caso accanto al paziente

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È da tempo che il capo dipartimento della sanità di FdI per la Lombardia va sostenendo che, se indagati subito, i Covid-pazienti possono essere curati a domicilio per non intasare gli ospedali. Curare il paziente a casa, però, non deve significare, sostiene la Buttiglieri, soltanto prescrivere paracetamolo via telefono e attendere di vedere l’effetto che fa ma, anzi, deve significare l’assunzione in carico dal medico di base, che deve prendersi attivamente cura della sua salute ma anche delle sue angosce e di quelle dei suoi familiari che il più delle volte non sanno che cosa fare
– Enzo Ciaraffa –

È sempre interessante, dottoressa Buttiglieri, fare quattro chiacchiere con lei perché ha dimostrato, in più occasioni, di essere una persona intellettualmente indipendente pur facendo parte di un partito, Fratelli d’Italia, il che è una rarità nella melassa del politicamente corretto che, in Italia, sta soffocando il libero pensiero. Ci eravamo lasciati lo scorso 15 marzo col suo articolo “Ho bussato alla porta dei miei pazienti…” nel quale aveva sostenuto che era stato un errore inviare i pazienti in ospedale al primo colpo di tosse, senza che vi fossero le condizioni cliniche obiettive per far pensare al peggio. Oggi che veleggiamo verso la cifra dei 120.000 morti per il Covid-19, la pensa ancora così? Conoscere il suo pensiero in merito è molto importante per noi stante che, oltre ad essere medico di base, lei è anche specialista in anestesia e rianimazione, igiene e medicina preventiva.
Quando lo sostenevo io che, se indagati subito, i Covid-pazienti potevano essere curati a casa sembrava un’eresia mentre oggi le ASL e alcune Regioni hanno redatto un vero e proprio protocollo per poter attuare quanto andavo sostenendo in solitaria. Curare il paziente a casa, però, non deve significare soltanto prescrivere, eventualmente, paracetamolo via telefono e attendere per vedere l’effetto che fa ma, anzi, deve significare la sua presa in carico da parte del medico di base che, all’occorrenza, deve andare al suo domicilio e prendersi cura della sua salute, ma anche delle sue angosce e di quelle dei suoi familiari. La professione del medico e come quella dei militari, ha dei rischi e se non li si vuole correre è meglio scegliersi un altro lavoro.

Il 9 aprile, assieme al Dipartimento Regionale della Sanità per il quale lei è la responsabile per il suo partito, ha organizzato, assieme ad altri medici ed esperti di diritto, il video-convegno “Non solo vaccini ma cure domiciliari”. Come medico di base che ha in cura, immagino, alcune centinaia di assistiti, si è sempre attenuta al leitmotiv del convegno, ovvero è andata veramente casa per casa a curare i suoi pazienti durante la pandemia?
I miei pazienti anziani li ho visitati nelle loro case, mentre i più giovani li ho seguiti telefonicamente sulla base, però, di un bollettino sanitario che essi – ogni giorno! – compilavano e mi spedivano, fino alla guarigione.

Quanti assistiti ha … si può dire?
Circa 1.600 che comprendono tre cittadine contigue: Canegrate, Busto Garolfo e San Giorgio su Legnano.

Dove, di preciso, esercita la professione di medico di base.
A Canegrate.

Per quanti ammalati che stava curando a casa ha dovuto provvedere al ricovero in ospedale perché aggrediti dal Covid-19.
Si possono contare sulle dita di una mano: un giovane militare e qualche anziano affetto da svariate e concomitanti patologie.

Era già stata vaccinata mentre si recava al domicilio dei suoi ammalati?
No, non era ancora giunto il mio turno.

Ha avuto delle conseguenze sulla sua salute e su quella dei familiari la scelta di andare, comunque e in ogni caso, ad assistere persone che avevano soltanto lei come primo punto di riferimento sanitario?
Sono gli incerti del mestiere: chi decide di fare il medico dovrebbe sapere che va a combattere con la morte e con le sofferenze. Sì, mi sono ammalata anch’io, per quindici giorni sono rimasta a casa con febbre alta, dolori muscolari e tosse persistente. Mio marito, anch’egli medico, è stato ricoverato in rianimazione con polmonite bilaterale e mia madre ricoverata con polmonite monolaterale. Adesso, per fortuna, sono a casa e in ripresa.

Come ha vissuto l’infezione da Covid-19 nella quadruplice veste di medico, di paziente, di madre e di figlia? Quali le impressioni e le osservazioni che sente di dover fare dopo una tale esperienza?
Negli ospedali era un autentico inferno e se reggono ancora dopo tutte le “riforme” della Sanità del recente passato lo dobbiamo soltanto all’abnegazione del personale sanitario effettivo. Ho provato in prima persona quello che stanno provando moltissimi italiani, ancora troppi purtroppo. Ma il buon Dio mi ha dato lo stesso la forza di rispondere alle chiamate dei miei assistiti e, dove occorreva, continuare da casa il lavoro che avrei fatto in ambulatorio. Nei giorni peggiori della mia malattia sono stata sostituita da un valente collega.

Neanche il Covid-19 l’ha fermata, insomma.
Vede, io sono prima madre, prima medico, prima figlia, prima italiana e poi un politico, ed ho ben chiari i doveri che mi derivano da ognuno di questi ruoli.

Secondo lei, il caos delle vaccinazioni che stiamo vivendo in questi giorni è l’ultima fase dello stato di emergenza decretato dal governo Conte a gennaio del 2020, oppure è la sofferta prima fase del governo Draghi?
Il governo di Giuseppe Conte si è trovato a fronteggiare, bisogna dirlo, una malattia tanto nuova quanto inaspettata ma – ed è stato qui l’errore secondo me – ha preferito chiudere il Paese anziché affrontare la situazione di petto. Se fossi stata al posto di Conte, mi sarei fatta alcune preliminari domande: si possono curare a casa gli ammalati senza ingolfare gli ospedali? Se sì, avrei subito stilato dei protocolli di terapia. Si possono potenziare i Pronto Soccorso? Se sì, avrei posizionato degli ospedali da campo all’interno delle zone verdi degli ospedali già esistenti. Si possono acquistare vaccini senza passare per la strettoia contrattuale dall’Unione Europea? Se no, avrei fatto di testa mia, acquistando tutti i vaccini occorrenti sul mercato libero, come ha fatto la Germania.

A proposito di Draghi perché, secondo lei, dopo aver licenziato Arcuri e il capo della Protezione Civile ha lasciato al suo posto il ministro della salute Speranza che, secondo molti osservatori, è da ritenersi il primo responsabile del caos e delle inefficienze di questi mesi?
Il perché andrebbe chiesto a Draghi. Di mio posso soltanto dire che Arcuri non ha gestito bene nessuna partita, neppure quella delle forniture tant’è che se ne sta occupando la magistratura. In secondo luogo, è stata pessima l’idea dei costosi tendoni a forma di primula, potendo ricorrere alle similari strutture delle Protezioni Civili locali e dell’Esercito: in un momento di così grave crisi sanitaria ed economica non mi sarebbe passato neanche per l’anticamera del cervello andare a buttare soldi in un’operazione di marketing politico. Il perché, poi, Draghi non abbia sostituito il ministro della salute lo ha già scritto lei da qualche parte: per avere sottomano il punchball perfetto capace di assorbire, al posto suo, i cazzottoni delle critiche e delle accuse di inefficienza.

Malpensante.
Chi io? Malpensante lei che l’ha scritto semmai …

Le sospensioni, i cambi dei fruitori e tutti gli altri problemi legati al vaccino di produzione anglo-svedese AstraZeneca, secondo lei, sono reali oppure pompati ad arte dalle multinazionali interessate a far vendere i loro più costosi vaccini?
Ormai non mi stupisco più di niente. Certo che la guerra delle multinazionali a quelle case farmaceutiche che hanno messo in campo vaccini più economici dei loro non è un’ipotesi da scartare. A questo aggiungo che nessun vaccino è sicuro al 100% e non ci sono vaccini di buona e di cattiva qualità: i vaccini, come ogni medicina, potrebbero dare degli effetti collaterali ma, in ogni caso, il gioco vale la candela. Come dire che occorre vaccinarsi al più presto per raggiungere l’immunità di gregge e ritornare alla vita di prima.

La senatrice Santanché, intervenendo al video-convegno del 9 aprile, ha incluso nel coacervo dei problemi che stanno devastando la campagna di vaccinazione anche la scarsa trasparenza e la confusa comunicazione del governo. A quale trasparenza faceva riferimento.
Sì, in effetti, è mancata la trasparenza comunicativa da parte del governo, il popolo italiano è stato trattato come un bambino al quale è bene nascondere la dura verità. Mi sarei aspettata dal premier una comunicazione chiara su che cosa stava accadendo e non le sterili, autocelebrative comparsate in televisione quando i morti era già migliaia. Com’era logico aspettarsi, alla vacuità del governo è seguito inevitabile il caos. Un esempio? Prima il vaccino Astra Zeneca andava bene per i cinquantenni, poi bisognava farne due dosi, poi ne bastava una, poi andava bene per gli over 65 ora, invece, deve andar bene per gli over 60. Ebbene, dopo oltre un anno di esperienza sul campo e quasi 120.000 morti, un siffatto modo di operare sarebbe considerato indecente anche in uno sperduto villaggio indios dell’Amazzonia!

E per terminare questa interessante intervista mi consenta, dottoressa, di ritornare da dove siamo partiti, cioè al suo articolo del 15 marzo scorso su questo blog: ritiene che politici e professoroni che in questi mesi sono stati bravi soprattutto a smentire se stessi abbiano compenetrato il significato di classe dirigente?
Questa pandemia ha evidenziato diverse falle del sistema, una delle quali è nel fatto che la classe dirigente non si è mostrata all’altezza dei suoi compiti. D’altronde, non si può collocare alla Sanità Pubblica un laureato in scienze politiche e sperare che, poi, vada tutto bene. Bisogna anche dire che la desolante crisi di dirigenza è anche figlia dell’era grillina, dove le competenze le sceglie qualche migliaio di persona sulla famigerata Piattaforma Rousseau. E l’esperienza? Guardi che l’esperienza, specialmente in medicina, la costruisci giorno dopo giorno, mica la puoi improvvisare. Anche perché, come sosteneva mio padre, per dirigere bene un lavoro devi saperlo fare tu per prima.

Allora non salva nessuno?
Salvo il popolo italiano che nei momenti bui della nazione sa divenire disciplinato e paziente, dimostrando, ancora una volta, di essere migliore della sua classe dirigente. La riprova? Tra i furbetti salta-fila del vaccino, e sono, pare, un paio di milioni, troviamo in prevalenza i rappresentanti della classe dirigente in tutte le sue categorie.

Che fa… si mette a fare la comunista adesso.
Dio me ne guardi! Ma non posso dimenticare di appartenere all’unica forza politica che, in perfetta solitudine ormai, è rimasta ad incarnare le istanze sociali delle periferie e della gente cosiddetta comune.

Sarà, però il suo partito sta facendo opposizione al governo Draghi sorretto massimamente dalla Sinistra che, come voi, fonda la sua ragione di esistere proprio sulla difesa dei ceti più deboli.

Chi, il PD di Zingaretti o il M5S di Grillo – Conte – Di Maio? Ma per piacere, questi tutelano un solo ceto: il loro!

Certo che con lei è davvero difficile mantenere i toni soffusi del politically correct…

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