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Il Generale Cosimato e l’atlantismo italiano

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Gli atlantisti di oggi sono individui colpiti dalla Nemesi che li ha condannati a trasmigrare dall’odio antimilitarista e anti-Nato alla stretta osservanza di quello stesso militarismo, sicché sono passati dal pugno sinistro alzato sotto lo striscione “Yankee go home”, all’esaltazione del vertice di Madrid, quello in cui i leader occidentali hanno messo, nero su bianco, un nuovo e più cazzuto piano geostrategico

– Enzo Ciaraffa –

Caro Generale, conosci molto bene la mia posizione di filo atlantico e di “interventista” sull’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina, purtuttavia, vorrei sapere da te che cosa significa per la politica essere atlantici.

La parola “atlantismo”, a modo suo, si sta facendo largo nel dibattito politico: se non sei atlantista, sei nemico dell’Occidente e amico di Putin! Niente a che vedere con gli “atlantici”, cioè con le squadriglie di trasvolatori che, insieme a Italo Balbo, raggiunsero le Americhe nel 1931 e nel 1933, anche perché faccio fatica a vedere Draghi nelle vesti di Italo Balbo che, trasvolando l’oceano insieme a Speranza e Di Maio, compaiono all’orizzonte della baia di New York per andare a baciare l’anello a Joe Biden.

Una spruzzatina di storia ci può stare come aperitivo, ma non hai risposto alla mia domanda.

Ci arrivo. Gli atlantisti di oggi sono individui che, spesso colpiti dalla Nemesi che li condanna a passare dall’odio antimilitarista e anti-Nato alla stretta osservanza di quello stesso militarismo, sono passati dal pugno sinistro alzato all’insegna dello striscione “Yankee go home”, all’esaltazione del vertice di Madrid, quello in cui i leader occidentali hanno messo nero su bianco un nuovo concetto strategico che stabilisce che la Russia e la Cina sono nemici e che bisogna aumentare le spese militari. I politici atlantisti di oggi sono spesso quelli che negli anni Settanta avevano l’eskimo verde come capo d’abbigliamento e la bottiglia Molotov come principale elemento di persuasione. Parliamo di persone che amavano definirsi “proletari in divisa”, se facevano il servizio militare, e che guardavano schifati coloro che indossavano un’uniforme. Si tenga anche presente che, per meglio rispondere alle nostre esigenze di Difesa, il Parlamento che stiamo affidando alla storia come il peggiore della nostra vita repubblicana, ha appena approvato la legge sui sindacati militari che ci regalerà un nuovo tipo di commissario politico di staliniana memoria, di cui in combattimento non si sentiva proprio il bisogno.

Falsamente atlantisti oltre che bellicisti da operetta, pare di capire.

Sì. Se li senti parlare sono bellicosi, dei veri e propri “talk show warfighters”, combattenti virtual-televisivi con il pugnale ideologico in mezzo ai denti, mentre polemizzano con quelli che vogliono far sembrare meno allineati al pensiero unico. Segnalo con simpatia all’attenzione dei lettori gli “opinionisti” come Giampiero Mughini che pensa di aver sconfitto i russi declamando le colpe di Putin con i suoi occhiali multicolori e le sue camicie anti-retiniche.

Ma allora chi sono i veri filo atlantici, i convinti sostenitori della Nato.

Beh, tu per esempio. Certo non possiamo qui ora metterci con il lanternino alla ricerca delle persone serie, che in ogni caso ci sono. Il fatto è che se si vuole essere veramente atlantisti bisogna sobbarcarsi dell’onere di leggere i documenti ufficiali del recente summit di Madrid, vi si potrebbe scoprire che la partecipazione alla Nato non è gratis e che, anzi, è molto costosa.

Ma costosa non lo era anche prima?

È vero, solo che prima non era previsto un budget standard per i suoi membri, senza trascurare il fatto che i leader dei Paesi Nato a Madrid hanno firmato una lettera per chiedere alle nazioni aderenti un fondo per l’innovazione; hanno deliberato di ampliare la “Nato Response Force” da 40.000 effettivi a 300.000; hanno formalizzato un nuovo concetto strategico che imporrà la revisione della pianificazione integrata degli spazi nazionali per rispondere alle nuove minacce. I prossimi anni allo Stato Maggiore Internazionale saranno duri per gli ufficiali di staff che dovranno reperire le forze per difendere gli Stati baltici, la Polonia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria, eccetera.

In soldoni, all’Italia quanto costerà?

Non è facile, oggi, quantificare le spese che ne deriveranno, si tratta di codificare un nuovo strumento militare per il quale si dovranno trovare sia le risorse finanziarie, sia le risorse umane. Il nuovo concetto strategico codificato il 29 giugno scorso a Madrid dovrà essere declinato in modo da mettere in piedi le forze necessarie e, temo, una nuova struttura di comando e controllo: non è roba da poco. Gli Stati Maggiori di tutte le nazioni aderenti se ne occuperanno per molto tempo negli anni a venire.

Però di tutto questo non si sente parlare granché in giro

E per forza, l’argomento è spinoso e controverso. Ma, visto che siamo in campagna elettorale e che più di un politico aveva recentemente storto il naso circa l’ipotesi di innalzare la spesa per gli armamenti, vedremo se i partiti menzioneranno queste cose nei loro programmi, cioè se ci diranno quanto vogliono destinare in termini finanziari per assolvere gli impegni militari sottoscritti dal nostro governo in quel di Madrid.

Questo però presupporrebbe che i partiti avessero almeno un programma di massima.

Nella frenesia dei listini bloccati e con la paura di veder la cadrega che si scolla, non vedo validi pensatori in grado di raccogliere le idee per scrivere qualcosa di sensato. Leggeremo con attenzione quel che hanno scritto, visto che non tutti ci sono riusciti. In sintesi è questo campare alla giornata, è l’indugiare nello sviluppare il proprio pensiero politico e programma attraverso le 280 battute di Twitter ad aggiungere – secondo me – il dramma alla velleità.

Mentre – aggiungo io – all’orizzonte si staglia gigantesca e minacciosa l’immagine della Cina imperialista.

Sì, ma non è roba per la nostra classe politica, nella legislatura che si chiude ci sono state ampie parti del Parlamento che tifavano per la Cina. Non dimentichiamo che tra i redenti dell’atlantismo nostrano ci sono gli ex-pasdaran della via della seta, quelli che prevedevano di fare affari d’oro vendendo limoni e arance in Cina e sono diventati filoamericani. Mah, se pure gli Ucraini incominciano a lamentarsi del sostegno occidentale, non so proprio quanto i taiwanesi si sentano rassicurati da Biden. Magari mi rimangerò questo convincimento dopo il 25 settembre… ma la vedo difficile.

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