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Il coronavirus e il dottor Gaeta, un viaggio tra Cupido e la medicina

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Stando a uno studio proveniente da Shangqiu, fintanto non saranno chiari gli effetti del Covid-19 sul nostro apparato sessuale, forse dovremmo riprendere ad utilizzare il preservativo qualora risultassimo positivi al virus cinese. Inoltre, andrebbero considerate tutte le implicazioni sulle procedure di fecondazione assistita e le possibili implicazioni sullo sviluppo del feto. Come dire che il problema potrebbe rivelarsi molto complesso se alcuni postulati trovassero conferma in studi più vasti e condivisi
– Enzo Ciaraffa –

A proposito del report pubblicato sul web lo scorso 1° aprile, e successivamente rimosso, da un team medico del “Reproductive Medicine Center” presso il Tongji Hospital di Wuhan sull’infertilità maschile provocata dal Covid-19, ci ritroviamo a riparlarne oggi con uno noto specialista in urologia e andrologia, oltre che vecchio amico del nostro blog, il dottor Francesco Gaeta, col quale entriamo subito nel vivo della questione con la prima domanda: ci troviamo in presenza di un nuovo studio di specialisti cinesi condotto, stavolta, presso l’Ospedale Municipale di Shangqiu e pubblicato sulla rivista medica americana “Jama Network Open” lo scorso 7 maggio, e a riguardo vorremmo sapere se ritieni valido questo studio e su quanti e quali pazienti esso è stato effettuato.
Se lo studio fatto a Shangqiu debba considerarsi valido o meno è prematuro affermarlo perché, pur se interessante dal punto di vista clinico per le possibili implicazioni sulla fertilità maschile e, quindi, sulla riproduzione umana, è ancora molto limitato nei numeri.  In pratica presso l’Ospedale Municipale di Shangqiu sono stati “arruolati” cinquanta pazienti maschi che erano risultati positivi al Covid-19 e ai quali è stato richiesto di fornire un campione di liquido seminale per potere effettuare dei testi idonei a verificare la loro fertilità dopo essere stati infettati. Ebbene, di quei cinquanta pazienti soltanto trentotto hanno potuto fornire il liquido seminale dal momento che i rimanenti dodici non sono stati in grado di provvedervi perché impediti da diverse problematiche sessuali.

In quali reali condizioni fisiche erano i trentotto pazienti alla fine rimasti per il test?
Domanda arguta … le condizioni cliniche degli interessati erano le seguenti: ventitré di essi, ovvero il 60,5%, avevano raggiunto il recupero clinico mentre i restanti quindici, ovvero il 39,5%, erano nella fase acuta dell’infezione.

E poi…
I risultati dei test effettuati sul loro liquido spermatico hanno rilevato che sei pazienti, ovvero il 15,8%, hanno avuto risultati positivi per il Covid-19; di questi, quattro facevano parte dei quindici che si trovavano   nella fase infettiva acuta, e soltanto due facevano parte dei ventitré pazienti che si stavano riprendendo, il che è particolarmente degno di nota.

Perché? V’è stata la valutazione di altri dati statistici?
Sì. Dallo studio è emerso, infatti, che non v’era alcuna differenza significativa tra i risultati dei test negativi e positivi per i pazienti analizzati una volta valutati età e anamnesi per malattie urogenitali, i giorni dall’inizio dell’infezione, i giorni dal ricovero in ospedale e    i giorni dal recupero clinico. I sei pazienti avevano un’età compresa tra i 20 e i 50 anni e soltanto in uno di essi risultava la presenza di malattie urogenitali, mentre gli altri tre soffrivano di cardiopatia, ipertensione e bronchite cronica già prima di contrarre il Covid-19.

Fin qui dottore ci hai esposto in maniera sufficientemente chiara i dati dello studio, ma per noi profani tutto questo cosa può significare… dobbiamo iniziare a preoccuparci per la nostra fertilità? L’umanità rischia di scomparire per il sopravvenire di un’infertilità globale?
Adesso non esageriamo. Tutto ciò significa soltanto che nel citato studio i ricercatori hanno scoperto che il Covid-19 può essere presente sia nello sperma di pazienti in corso d’infezione, sia in quelli che hanno superato la fase attiva della malattia, ciò perché, si ipotizza, la trasmissione del virus negli organi riproduttivi maschili avverrebbe anche a causa di quelle “barriere fisiologiche imperfette” che non riuscirebbero a bloccarne l’avanzata in presenza di un’infiammazione locale sistemica. Sicché, anche se alla fine dovesse risultare che il Covid-19 non può replicarsi nel sistema riproduttivo maschile potrebbe, come pare emergere dallo studio di Shangqiu, comunque stazionarvi.

Che cosa dobbiamo aspettarci allora?
Lo studio citato è limitato dalla dimensione del campione e dal breve follow-up, pertanto ritengo siano indispensabili altre ricerche sulle modalità di  diffusione del coronavirus cinese, sul suo tempo di sopravvivenza  e  sulla sua concentrazione  nello  sperma umano, in modo da capire quali possono essere gli effetti dell’infezione sulle vie genitali maschili e sul sistema riproduttivo, insomma bisognerà valutare come e se viene alterato il liquido seminale, se ci sono alterazioni ormonali legate all’infezione e così via.

Pare di capire che nonostante la modestia dello studio tu, caro dottore, non escludi a priori una trasmissione per vie sessuali del Covid-19.
Non corriamo troppo! Dico soltanto che qualora si riuscisse a dimostrare che il Covid-19 può essere trasmesso anche per via sessuale, allora si aprirebbe una serie di ulteriori considerazioni cliniche e di modalità di prevenzione.

Stiamo parlando, però, di cose da dimostrare o di là da venire, ma nell’attesa di sapere che cosa realmente comporti sulla fertilità maschile il Covid-19, che cosa possiamo fare, sotto l’aspetto preventivo, per tutelare almeno la nostra capacità riproduttiva? E poi, pur essendo poco incline alla dietrologia, man mano che andavi avanti con le spiegazioni alcune tessere che ho in testa da lungo tempo hanno cominciato, chissà perché, a sistemarsi …
Di quali tessere stai parlando, non capisco.

Cercherò di renderti meglio la domanda con l’elencazione e la successione delle “tessere”. Una sovrappopolazione difficile da nutrire (un miliardo e 400 milioni di persone) è sempre stato il problema dei governanti governi cinesi tant’è che fino al 2013 la legge proibiva alle coppie del Dragone di mettere al mondo più di un figlio poi, con una ventata di liberalità il governo ha stabilito che di figli se non possono fare anche due. L’amministrazione USA, tramite la sua intelligence, avrebbe appurato che il Covid-19 si è propagato dopo essere sfuggito di mano a dei ricercatori di un laboratorio militare di Wuhan. Poi ho sentito te che non escludi a priori l’evenienza che questo virus possa rendere sterili gli uomini, anche se non si capisce ancora bene in che ordine e in quale misura…  a Wuhan si stava realizzando il progetto cinese di limitare le nascite con una campagna di sterilizzazione mirata?
Capisco dove tu voglia arrivare e, anzi, non trovo neppure così “dietrologico” l’interrogativo, io però faccio il medico e come tale debbo attenermi alle esperienze cliniche, alla letteratura medica e non a quella politica, anche se credo che il tuo ragionato sospetto non mancherà di infiammare il dibattito politico internazionale nei prossimi mesi. Per ora posso soltanto ragionevolmente sostenere che il Covid-19 dà molti più problemi su altri organi che non sull’apparato riproduttivo maschile.

Tu dici, caro dottore… scusami, ti ho portato fuori dal seminato mentre, in realtà, volevo domandarti, fino a quanto non sarà stabilità la sua trasmissione per anche via sessuale, come proteggerci dal Covid-19.
Su col morale, la scienza ha sconfitto ben altri morbi! Comunque, fintanto non saranno chiari gli effetti del Covid-19 sul nostro apparato sessuale, forse dovremmo riprendere ad utilizzare il preservativo qualora risultassimo positivi al virus. Inoltre, andrebbero considerate tutte le implicazioni sulle procedure di fecondazione assistita e le possibili implicazioni sullo sviluppo del feto. Come vedi il problema potrebbe rivelarsi molto complesso se alcuni postulati trovassero conferma in studi più vasti e condivisi.

Correggimi se sbaglio caro dottore, dopo che lo scorso mese di aprile ci hai rivelato che il Covid-19 potrebbe annidarsi nei testicoli umani, e fin quando non saremo certi della sua trasmissione anche per via sessuale, l’unica esortazione che possiamo lanciare agli amici del blog è una soltanto: occhio agli zebedei!
Non è molto ortodossa come pratica profilattica, ma credo che, per sdrammatizzare un po’ l’argomento, si possa metterla anche così …

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