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Commettere un reato sulla tazza del cesso

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Con le mini riaperture di bar e ristoranti col servizio all’aperto, non si capisce come bisognerà considerare l’impellente bisogno di svuotare l’intestino, o di alleggerire una vescica più tesa di un pallone da calcio, o la sostituzione del Tampax per una imprevista, maggior mandata del flusso mestruale. Né si comprende che cosa accadrà al cittadino beccato assiso sul wc, come Salomone sul trono, dal Carabiniere di turno
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In questi giorni di Decreti-Legge, di Recovery Plan, di Pnrr e di mal di pancia nel governo, mi torna spesso alla mente una barzelletta (di quelle che si potevano raccontare anche al papa) circolante nella mia classe quando ero scolaro verso la fine degli anni ’50. La narrazione iniziava con il figlio del gran capo indiano che andava dallo stregone per farsi dare una pozione lassativa perché «Grande capo niente cacca».

Ma la pozione non funzionava perciò il ragazzo, il giorno dopo, ritornava di nuovo dallo stregone: «Grande capo niente cacca» e lo stregone aumentava la dose della pozione.

Non avendo tratto giovamento, il grande capo rimandava di nuovo il figliolo dallo stregone: «Grande capo niente cacca», e lo stregone aumentava ancora di più la dose.

La storia andò avanti per quasi una settimana, finché un giorno il piccolo indiano si presentò dallo stregone per riferire l’esito finale della cura e, anche quella volta, lo fece con esemplare sintesi: «Grande cacca, niente capo!».

Qualcuno si starà domandando il nesso scatologico intercorrente tra i provvedimenti emanati dal governo per contrastare la pandemia e questa barzelletta, pensando magari ad una mia forzatura. E invece no.

Il Decreto-Legge del 22 aprile scorso, che consente a bar e ristoranti di ripartire soltanto con il servizio all’esterno, ha molto a che vedere con i bisogni fisiologici degli italiani, laddove non spiega, almeno con passabile chiarezza, dove un avventore, seduto per il pranzo o per la cena fuori da un locale, possa andare a fare quelle cosine che di solito si fanno nel wc. In proposito, la guida online del Sole 24 Ore informa che secondo il sito di Palazzo Chigi «L’uso dei servizi igienici posti all’interno dei bar e dei ristoranti non può essere consentito, salvo casi di assoluta necessità».

Dopo cotanta chiarezza, le prime domande che mi vengono in mente sono: ma l’impellente bisogno di dover liberare l’intestino, la vescica più tesa di un pallone da calcio e la sostituzione del Tampax per un’imprevista, maggior mandata del flusso mestruale sono, o non sono, casi di assoluta necessità? O sono un reato? E ancora: una volta colto in fragranza di reato (il termine fragranza è voluto…), il cittadino assiso sulla tazza, come Salomone sul trono, in che modo potrebbe dimostrare al milite della nuova STASI di trovarsi in uno stato di assoluta necessità?

Ma ci mettiamo anche nei panni del fedele milite della Benmerita che andrà a bussare alla porta del bagno dove si è rinchiuso qualcuno che proprio non ce la faceva, per sanzionare il reato con un verbale… non riusciamo ad immaginare la motivazione della multa. Potrebbe essere “Cagava in dispregio a un Decreto-Legge del governo”?

A questo punto resta davvero difficile rimanere seri e tentare di confutare con un minimo di sobri ragionamenti le ragioni di coloro, e non sono pochi, che ritengono quelli varati dal governo in carica sulla pandemia dei provvedimenti di palta.

E ritorniamo al piccolo indiano della barzelletta che stavolta, ci scommetto, se la sarebbe cavata così: «Niente cacca con legge bislacca!».

(Vignetta di Donato Tesauro)

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