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Cari italiani, vi vedo così

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Quando si entra in un qualsiasi ufficio statale o parastatale italiano, come ad esempio Poste e Comuni, s’incontrano impiegati che sembrano provenire da un altro mondo, tant’è che quando chiedi qualcosa, anche la più banale, ti guardano stralunati e spesso non sanno che cosa risponderti

– Romana Jezkova –

Sono una cittadina ceca originaria della Slesia-Moravia e, prima di venire in Italia diciotto anni fa, ho frequentato l’Accademia Militare di Vyškov conseguendo il grado di sergente dell’esercito. Quando sono nata il mio Paese era sotto la dittatura del regime comunista e faceva parte del Patto di Varsavia capeggiato dall’Unione sovietica. Questa brevissima sintesi del mio passato per far comprendere al lettore italiano de Il Rullo che conosco molto bene la differenza tra la libertà e la sua negazione, una negazione che può avvenire in molti modi, alcuni perfino (fintamente) democratici.

Pur non esercitando il diritto di voto in Italia, in diciotto anni di permanenza nel vostro Paese ho avuto modo di assistere a più di una tornata elettorale con candidati diversi ma accomunati dalla stessa propensione a far promesse che sapevano di non potere mantenere: aumenti degli stipendi, sostegno economico per le famiglie disagiate e/o numerose, giusto per fare qualche esempio. Non si spiegherebbe, infatti, che alcuni genitori italiani non riescono a pagare la retta scolastica, la mensa ai propri figli e l’affitto di casa, perché o sei un immigrato, o come cittadino italiano puoi anche morir di fame. Sì perché se sei un immigrato ti occorre soltanto una marca da bollo e un’autocertificazione per avere assegnata una casa popolare, ma se sei italiano puoi dormire in macchina – se ne hai una – o sotto un ponte.

I vostri politici accampano sempre di aver creato nuovi posti di lavoro ma io vedo assumere prevalentemente nei call center dove sfruttano i neo assunti per quattro soldi. L’unico posto garantito è ancora quello statale, un settore dove – e lo affermo per esperienza diretta – operano molte persone che non capiscono nulla del loro lavoro e altre che, invece, non hanno affatto voglia di lavorare, i cosiddetti furbetti del cartellino. D’altronde basta andare in un qualsiasi ufficio statale o parastatale come Poste e Comuni per entrare in un ambiente dove operano impiegati che sembrano provenire da un altro mondo: quando chiedi qualcosa spesso e volentieri non sanno neppure che cosa risponderti.

Non parliamo poi dell’elementare diritto alla sicurezza dei cittadini. Sono senz’altro favorevole ad aiutare il prossimo ma soltanto se questo dimostra di averne bisogno e non come fa la maggior parte degli immigrati che vengono in Italia: buttano via i documenti e spacciandosi per qualcun altro, servendosi anche di bambini e donne incinte, dichiarano di scappare dalla guerra mentre in realtà sono migranti economici se non peggio. In segno di riconoscenza per la nazione che li ospita, spesso si ribellano bruciando i centri di accoglienza, buttando il mangiare nella spazzatura perché non è di loro gradimento, pretendendo soldi, vestiti e telefonini all’ultima moda. Quando non si danno ad attività mortalmente delinquenziali.

Colgo che gli italiani sono stanchi e hanno paura di tutto questo. Ma non dovrebbero essere tutelati dallo Stato? Dove sono le leggi in proposito? Se un individuo ruba, uccide o stupra deve andare in carcere indipendentemente dalla nazionalità o del colore della pelle.

Nonostante queste devastanti evidenze, i vostri politici continuano a promettere le cose più assurde – perfino pannoloni e dentiere! – ed è bellissimo stare a sentirli, al punto che uno ci crede pure dicendoti «Ma sì, diamo loro una possibilità visto com’è andata fino ad ora, votiamoli».

In verità pare che il risultato fino ad oggi non sia stato esaltante per voi italiani e me ne dispiaccio perché amo sinceramente questo Paese. Attenzione amici italiani, le dittature nascono quando i popoli perdono il senso della sicurezza e vengono traditi dai loro democratici governanti. E le dittature, credetemi, sono brutte, molto brutte. Io sotto una dittatura ci sono nata.

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