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Basterà il genio della finanza che fa la spesa al supermercato?

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Fatta la tara sul servilismo congenito dei media nazionali che stanno mitizzando il personaggio oltre ogni indecenza, siamo tutti persuasi di trovarci al cospetto di un grand commis e, tuttavia, bisogna domandarsi che senso abbia mettere insieme, per la salvezza dell’Italia si sostiene ovviamente, Einstein – Draghi e Toninelli. Od anche domandarsi quale possa essere il costrutto finale di riunire insieme, nello stesso governo, gli eredi del comunismo, come quelli di Leu, con uno dei massimi esponenti della finanza e del capitalismo mondiale e cioè lo stesso Draghi
– *Maria Angela Buttiglieri –

Un signore ha icasticamente, ma efficacemente, postato su di un social il vero dramma di questi ultimi due anni: «Pare che nelle Isole Salomone ci sia un partito con cui il M5S non ha stretto un’alleanza». In effetti, il caparbio trasformismo a difesa delle poltrone del movimento fondato da Grillo, a furia di allearsi con tutti e tutti tradire, si è trasformato in tutt’altra cosa rispetto a quello che riempiva le piazze appena tre anni fa. Il guaio, ed è in questo il dramma, è che i Cinque Stelle, per quanto abbiano ridotto al lumicino il loro consenso nel Paese, detengono la maggioranza numerica nel Parlamento e questo rende problematica qualsiasi alleanza di governo anche ad un personaggio autorevole come Mario Draghi, mentre il Paese è alla canna del gas in uno dei momenti più difficili della sua storia.

Ma come siamo arrivati a tutto questo?

Verrebbe da rispondere subito che ci siamo arrivati per la palese incapacità di chi finora ha governato il Paese, ma sarebbe un modo autoassolvente di affrontare un problema che è antico almeno quanto l’Unità d’Italia. Infatti, l’emergenza politica, ideale e sanitaria di questi giorni viene da molto lontano, risale al consociativismo politico che seguì al all’avvento del centrosinistra negli anni Sessanta. Parlo di una formula di alleanze e di governi che si reggevano non sui progetti, sulle cose da farsi ma sui cedimenti: «Se cederai una cosa a me, io chiuderò gli occhi su quello che farai tu». E ciò senza un minimo di preoccupazione per lo sperpero di pubblico denaro di governi che, di solito, non duravano più di un anno. I soldi per finanziare strade senza sbocco e ospedali senza pazienti uscivano come per miracolo ma era il debito pubblica che saliva alla velocità della luce!

Nel frattempo, quella stessa classe politica che scialacquava senza preoccuparsi del domani, allacciava legami senza più stretti con l’Unione Europea alla quale cedeva quote di sovranità economica e di moneta, senza rendersi conto che così facendo apparecchiava la corda per farsi strozzare, perché le regole europee, dettate da Paesi con le finanze in ordine, ci imponevano di rientrare dai debiti se volevamo rimanere a far parte del club. E tutto questo si poteva fare soltanto agendo sul welfare, sul costo del lavoro e sull’indecente ridimensionamento della Sanità che, in quanto medico, in questi anni ho vissuto con molta sofferenza e in prima persona assieme ai miei pazienti.

Come era prevedibile ma da tutti impreveduto, ne sono nati crisi economiche a ripetizione, conflitti sociali e la contrazione di diritti costituzionalmente garantiti. A riguardo voglio ricordare soltanto l’abolizione unilaterale dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

I popoli, purtroppo, quando sono alla disperazione vanno alla ricerca del demiurgo che risolva i loro problemi, costi quel che costi. Avvenne così con Benito Mussolini, con Craxi, con Berlusconi e, cadendo sempre più in basso, con Beppe Grillo e col grillismo. Ma sono bastati pochi mesi di loro “governo” per fare andare la nave Italia fuori rotta sicché adesso, se vorrà continuare la navigazione, dovrà rinnovare il patto tra Comandante ed equipaggio, cioè andando a votare, votare sempre, votare in ogni circostanza: la democrazia non è un chewing-gum al quale si può dare la forma che serve! Per non esserci attenuti a questa regola siamo arrivati al totale fallimento della politica intesa, ino ad oggi, come ufficio collocamento per assegnare ruoli a persone senza autorevolezza, senza capacità professionale e addirittura senza nessun trascorso lavorativo, illudendoci che un incapace potesse diventare capace per nomina della segreteria politica o, peggio, per scelta della cosiddetta piattaforma Rousseau.

Come ho detto agli inizi, per una questione di numeri che in realtà non corrispondono più alla quota di consenso popolare iniziale, in Parlamento la maggiore Opa del nascente governo Draghi (se mai nascerà) è ancora in mano al M5S. Questo significa che egli dovrà governare sotto la spada di Damocle della litigiosa mediocrità dei grillini: basterà il suo carisma a mandare avanti un governo che dovrebbe essere di salvezza nazionale? E poi, coloro che hanno dato un preponderante contributo affinché il Paese si riducesse in queste tragiche condizioni, potranno esserne anche la salvezza?

So che, per ideologia e convenienza, su questo punto i pareri sono discordi nei palazzi della politica, ma di certo nessuna persona svincolata da calcoli se la sentirebbe di scommettere sull’efficacia di un governo che dovesse nascere con tanti dubbi e su tali basi.

Eppure, nella corsa alla costruzione del suo mito, in questi giorni i media stanno presentando Mario Draghi in un modo a dir poco mieloso, perché mentre da un lato ci informano che questi è una persona eccezionale, dall’altro raccontano che ama andare per negozi a far la spesa, che è una persona normale insomma. Fatta la tara sul servilismo congenito dei media nazionali, probabilmente sono vere entrambe le cose e, anzi, sono senz’altro convinta che ci troviamo al cospetto di un grand commis e, tuttavia, mi domanda che senso abbia mettere insieme, per la salvezza dell’Italia dicono, Einstein e Toninelli, o Di Maio, o Beppe Grillo? Oppure, avrà qualche costrutto riunire insieme nello stesso governo gli eredi del comunismo, come quelli di Leu, con uno dei massimi esponenti del capitalismo mondiale e cioè Draghi?

Perciò, per quanto mi sforzi di guardare lontano, non vedo nascere il prossimo governo su delle basi logiche, le uniche che potrebbero consentire la sua efficacia operativa. Ma come ha tenuto a precisare anche Giorgia Meloni motivando il rifiuto di dare la fiducia a Draghi, non faremo mancare il sostegno a quelle iniziative che dovessero fare (veramente) gli interessi del popolo italiano. E ciò ad ogni livello, tanto in Parlamento, quanto nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni, anche dove siamo opposizione perché il Paese viene prima di tutto, anche se rimaniamo graniticamente convinti che in questa fase della storia italiana il popolo doveva essere chiamato ad esprimersi nelle urne, almeno da un anno e mezzo.

* Specialista in anestesia, rianimazione e medicina preventiva; responsabile di FdI del dipartimento salute della Lombardia e consigliere comunale a Busto Arsizio
N.B. – L’immagine di copertina è una ricostruzione grafica di supporto al titolo e, pertanto, non corrispondente a realtà documentata

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