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A cavallo di un’altra bomba atomica

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bomba atomica
Il giorno del compleanno della cosiddetta guida suprema iraniana, Ali Khamenei, è stato fatto un altro passo avanti sulla strada dell’escalation atomica perché l’attacco israeliano della base militare di Esfahan reca un messaggio molto chiaro per lui e per i guardiani della rivoluzione, entrambi distanti ormai anni-luce dal popolo iraniano che non ha la libertà neppure di scendere in piazza a protestare

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Lo scontro diretto tra Israele e Iran è stato innescato dal bombardamento dell’ambasciata iraniana a Damasco da parte di aerei con la stella di Davide, un fatto certamente esecrabile.  Tuttavia, prima di entrare nel vivo della questione generale bisogna preliminarmente ricordare un accadimento: la moda di assalire le sedi diplomatiche di un Paese straniero la lanciarono gli iraniani il 4 novembre del 1981, quando assaltarono l’ambasciata americana di Teheran e vi sequestrarono 52 diplomatici che tennero prigionieri per oltre due anni, altrimenti non si capisce come siamo arrivati al bombardamento israeliano della base iraniana di Esfahan stanotte.

In ogni epoca, e nell’ambito di qualsiasi credo religioso, la proclamazione di una «guerra santa» è sempre servita ai regimi per sbarazzarsi di scomode opposizioni interne o a supportare inconfessabili progetti espansionistici. Nell’orbe islamico questo gioco diviene relativamente facile, perché basta accusare qualcuno di avere offeso il Corano o di non osservarne i precetti per far scattare la punizione dei reprobio guerra santa, il jihad di guerra insomma. Allo stesso modo si regolava Enrico VIII d’Inghilterra il quale, quando voleva liberarsi di una moglie per sposarne un’altra più giovane e bella, la accusava di adulterio e poi le faceva tagliare la testa.

Qualcosa del genere sta accadendo in quella parte del Medioriente subornato dal regime degli ayatollah iraniani, i più grandi finanziatori di un jihad di guerra che, di volta in volta, assume le trucide sembianze operative di Hamas nella striscia di Gaza, degli Hezbollah in Libano, degli Houthi nello Yemen del Nord. Il dichiarato obiettivo di Teheran è la cancellazione dello Stato d’Israele dalla faccia della terra allo scopo di assumere la leadership dei fondamentalisti religiosi e politici della regione. Si vorrebbe infatti destinare allo Stato d’Israele il destino delle mogli di Enrico VIII, solo che gli ebrei non sono disposti a offrire quietamente il collo come Anna Bolena e Caterina Howard.  

Peraltro, a differenza di molti osservatori nostrani, i governanti israeliani hanno capito qual è il punto debole dei regimi oscurantisti come quello iraniano, nonostante le minacciose vanterie di Ali Khamenei, la cosiddetta guida suprema, sull’utilizzo delle potenti armi fornitegli dalla Russia in cambio dei droni che questa sta utilizzando contro gli ucraini. A parte il fatto che un’ammissione del genere ha sortito l’effetto di sputtanare il suo maggiore alleato, Putin, che proprio in questi giorni sta accusando la Nato di stare ad aiutare l’Ucraina con armi e mezzi, bisogna dire che l’alta tecnologia (che non è non è proprio la caratteristica principale delle armi russe), oltre a possederla, bisogna saperla anche utilizzare mediante un ordito operativo che risponda alle esigenze sul terreno e non alla volontà di Dio, insomma al libero pensiero tattico e strategico. Difatti, tutte le volte che si sono militarmente scontrate la tecnologia dei Paesi occidentali con quella dei regimi dove non v’è libertà, a soccombere è stata sempre la tecnologia dei regimi autoritari perché prigioniera degli schemi.

I tecnici nelle gallerie delle montagne circostanti la città iraniana di Qom stanno per costruire la bomba atomica da mettere graziosamente in grembo agli ayatollah? Di questa evenienza si parla da anni ma, se Israele (la prima destinataria di quella bomba atomica) non si è mossa per distruggere il sito come aveva fatto con quello irakeno di Osirak nel 1981, è perché ritiene che, nonostante la propaganda, i preti iraniani siano ancora ben lontani da poter stringere il Corano in una mano e la bomba atomica nell’altra.

Per fortuna quella interpretata dagli islamisti è una religione retrograda, scarsamente tecnologica e che, se potesse, porterebbe il mondo indietro fino ai tempi di Maometto. Riprova ne è il fatto che l’attacco del 14 aprile scorso è stato un flop, nonostante l’abbondanza di vettori armati lanciati dall’Iran contro Israele: 170 droni, 30 missili da crociera, 120 missili balistici dei quali il 99% sono stati abbattuti prima di entrare nello spazio aereo israeliano (Fonte: Israel Defense Forces – IDF). D’altronde, visti i risultati operativi della loro scadente “tecnologia” e temendo la reazione delle forze armate israeliane, in queste ore i generali iraniani pencolano tra le minacce di bombardare (sic!) la bomba atomica israeliana e, allo stesso tempo, buttare acqua sul fuoco. Ma questo atteggiamento ambivalente non deve ingannare perché i fanatici restano tali anche quando indossano la pelliccia degli agnelli. Il giorno del compleanno della guida suprema, Ali Khamenei, è stato fatto un altro passo avanti sulla strada del terrore atomico perché l’attacco israeliano della base militare di Esfahan reca un messaggio molto chiaro per gli ayatollah: «Possiamo distruggere il vostro progetto nucleare in ogni momento». Bene, e adesso, dopo il botta e risposta, i due contendenti si fermeranno o avranno bisogno di un’altra prova muscolare per rendersi conto di stare per imboccare una strada senza ritorno?

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