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Perché la mia solidarietà va a Giorgia Meloni e a Rocco Casalino

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La signora presidente di Fratelli d’Italia e l’ormai ex portavoce di Giuseppe Conte evidenziano punti in comune anche per quanto riguarda le loro vite private. Entrambi provenienti da famiglie modeste dove all’interno delle quali, stando a quanto da essi stessi pubblicamente raccontato in diverse occasioni, hanno avuto un rapporto complicato col padre che, ad un certo punto, hanno rimosso dalla loro vita fino al punto, come nel caso di Casalino, di desiderarne ardentemente la morte
– Enzo Ciaraffa –

Giorgia Meloni è un politico che stimo pur non essendo della sua parte politica, mentre Rocco Casalino è un personaggio che, invece, non ho per niente apprezzato perché, in trenta mesi di permanenza a Palazzo Chigi come portavoce del premier, è riuscito a distruggere quel poco che restava dei sani rituali istituzionali del “palazzo” che, magari, erano ipocriti ma di certo sobri e adeguati all’importanza del padrone di casa. Con lui la sede e la comunicazione del capo del governo erano diventate, invece, una specie di studio televisivo dove ogni giorno si rappresentava un reality show. Eppure, tra questi due personaggi del nostro panorama politico, anche se distanti anni-luce tra loro, esiste un legame che è dovuto, secondo me, ad una comune sensibilità interiore e addirittura ad una sorta di misticismo laico della sofferenza. Ambedue, infatti, hanno dovuto fare la traversata del deserto prima di arrivare dove sono oggi: la prima presidente di Fratelli d’Italia, un partito politico che viaggia col vento dei sondaggi in poppa, e il secondo portavoce e capo della comunicazione di Palazzo Chigi fino a qualche giorno fa. Ma le similitudini tra i due personaggi non cessano qui.

Sì, perché Meloni e Casalino evidenziano punti in comune anche per quanto riguarda le loro vite private: entrambi provenienti da famiglie modeste all’interno delle quali, stando a quanto da essi stessi pubblicamente raccontato in diverse occasioni, hanno avuto un rapporto complicato col padre che, ad un certo punto, hanno rimosso. Ma non voglio narrarvi la loro storia, che trovate su Wikipedia raccontata meglio di quanto potrei fare io, vorrei piuttosto soffermarmi su quella che prima ho definito la loro “comune sensibilità interiore” che, a mio vedere, si è palesata proprio in questi ultimi giorni, al cospetto di un evento che, eccetto il periodo del fascismo, è stato piuttosto insolito nella storia d’Italia. Infatti un’armata Brancaleone composta da quasi tutti i partiti presenti in Parlamento si è offerta, eccetto Fratelli d’Italia, di fare da scendiletto a Mario Draghi. E ciò senza lasciarsi sfiorare dal dubbio che la discesa in campo di cotanto tecnico, che li farà verosimilmente trottare come cavalli lipizzani, è stata dovuta unicamente al fatto che essi hanno fallito sia come classe politica, sia come ceto dirigente, sicché alla fine il governo di Draghi non è dei migliori, come insiste a definirlo il mainstream in questi giorni, ma dei peggiori.

Ma la sensibilità personale di Meloni e Casalino s’incrociano di nuovo proprio a causa di tale contingenza, che definire soltanto “politica” non avrebbe senso, trattandosi di un cambiamento epocale come è stata la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, laddove si realizzi che, se usciremo indenni dalla gestione dell’ennesimo tecnico, niente sarà più come prima. Al riguardo, infatti, mi pongo una sola domanda e poi andrò avanti: come faranno in futuro, che so, la Lega e i comunisti di LEU, oppure il M5S e Forza Italia a convincere i loro allibiti elettori di essere “alternativi” agli avversari se oggi sono riuniti in un’ammucchiata che fa sembrare i riti orgiastici dei Baccanali giochi di società? Ed è a questo punto preciso che, secondo me, si è meglio contornata la sensibilità dell’improbabile coppia Meloni-Casalino, anche se quella della prima è di natura politica, e quella del secondo di natura intima e personale.

Al cospetto della francamente invereconda ammucchiata pro-Draghi, Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, un partito che ormai rappresenta l’evoluzione darwiniana della Destra italiana pur non avendo mai cambiato la “ragione sociale” patriottica e nazionalista, ha avuto uno scatto di dignità politica decidendo di non appoggiare il nuovo governo perché in continuazione con quello di Conte se se non, di volta in volta, su singoli provvedimenti. Ha fatto bene? Ha fatto male? Questo lo capiremo tra qualche mese, al momento mi limito a rilevare un fatto curioso e, almeno per un aspetto, contro natura: l’unico politico che in questi giorni ha dimostrato di possedere le palle è stata una donna!

Diversa – ma da me osservata con altrettanto rispetto – la sensibilità, la macerazione interna, la difficoltà a convivere con se stesso che Casalino ha dimostrato in almeno due circostanze. Il suo pianto di commozione al commiato di Giuseppe Conte da Palazzo Chigi dello scorso 13 febbraio mi è parso sincero e affettuoso nei confronti di una persona con la quale aveva lavorato, dal suo punto di vista, al meglio possibile. Ma è stata l’intervista concessa a La Repubblica sul suo libro che uscirà domani, “Il portavoce-la mia storia”, quella che mi ha colpito di più, segnatamente a un passaggio: «Se ci fosse una pillola per diventare etero, la prenderei. Se non fossi stato omosessuale avrei incontrato il grande amore».

Per carità, non voglio entrare nella vita intima e privata di Casalino oltre quanto non mi abbia consentito con le sue pubbliche dichiarazioni, fatto è che dalla suddetta intervista emerge una persona sensibile e tormentata per la quale, nonostante la nostra appartenenza a mondi ideali e tendenziali molto diversi e le mie critiche al suo operato professionale, ho provato un sentimento che potrei definire di umana solidarietà. Anzi, aggiungo di provare grande disgusto per quei giornalisti che, fino a una settimana fa pendevano dai suoi sms per impapocchiare qualche articolo di politica ed oggi si smarcano da lui accusandolo perfino di essersi seduto a capotavola durante i pranzi dei “grandi” ai quali partecipava assieme al premier. Forse a costoro bisognerebbe spiegare che a capotavola – un posto di solito riservato alla padrona di casa nei pranzi privati – nei pranzi ufficiali siede sempre la persona meno importante tra i commensali. Giusto per restituire a Casalino quanto è di Casalino.

Fin qui ho elencato le similitudini tra i due suddetti personaggi, ma adesso devo concludere con una differenza che non è di poco conto. Mentre Giorgia Meloni si accinge, come già fatto da altri leader storici, a una nuova traversata del deserto prima di potersi porre come la futura, indiscussa leader della Destra italiana, attirando consensi da una Lega “normalizzata”, da Forza Italia con i mal di pancia  e perfino dal M5S in dissoluzione, Rocco Casalino non ha futuro politico, o meglio ha lo stesso futuro del suo mentore, Conte, che secondo me non ne ha nessuno. Infatti, a parole tutti i leader dei partiti di Centrosinistra vorrebbero come leader l’ex avvocato del popolo, ma nei fatti ognuno di loro sta tentando di sbolognarlo lontano dalle proprie terga, come dire deputato in Toscana, o come sindaco di Roma o addirittura come ministro di un governo che questi ha tentato di sabotare fino all’ultimo.

Trovo decisamente più decifrabili la Meloni e Casalino, che non la pletora di arraffatori che si sono intruppati con Draghi invece di spendersi per restituire la parola al popolo italiano nelle urne.

N.B. – L’immagine di copertina è una ricostruzione grafica di sopporto al titolo e, pertanto, non corrispondente a realtà documentata

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