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Pd, logo nuovo e pensare vecchio

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C’è un dato che avrebbe dovuto far riflettere Zingaretti e consigliargli la costruzione di un più ammiccante logo del Pd: quello presentato ieri dalla loggia del Nazareno contiene i simboli di tutti i fallimenti che hanno segnato la vicenda dell’ex Partito comunista, dalla svolta della Bolognina ad oggi
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Il generale prussiano Carl von Clausewitz, famoso per aver scritto un trattato di strategia militare, sosteneva di preferire gli ufficiali lavativi ma intelligenti a quelli sciocchi e volenterosi, anche perché – ci permettiamo di aggiungere noi – i lavativi intelligenti sanno sempre come ottenere il massimo risultato col minimo sforzo e, in genere, riescono a misurare in anticipo la portata delle loro azioni… per non sprecare un grammo di impegno in più.

Di contro, gli uomini limitati e volenterosi, che evidentemente non sono coscienti dell’inadeguatezza che li pervade, s’imbarcano sempre in avventure più grandi di loro, o almeno superiori alle loro reali capacità. Il risultato è quasi sempre disastroso.

Ieri, dalla loggia della sede nazionale del Nazareno, il segretario del Pd Nicola Zingaretti, ha presentato il nuovo logo del partito per «…vincere le elezioni europee», il che è come se un generale italiano, per rincuorare le proprie truppe, promettesse di volerle condurre alla vittoria con la stessa strategia della débâcle di Caporetto. Il nuovo logo, infatti, contiene i simboli di tutti i fallimenti che hanno segnato la vicenda dell’ex Partito comunista, dalla svolta della Bolognina ad oggi.

Come dire che quel logo riporta alla mente degli elettori i simboli di quell’Ulivo di Prodi che D’Alema pugnalò alla schiena nel 1998; l’acronimo del Pse – ricettacolo degli ultimi comunisti esistenti in Europa; sopra la banda azzurra, semi racchiusa dalle stelle simbolo dell’Ue, la scritta Siamo Europei a fronte del fatto che, in caso di referendum, soltanto il 44% degli italiani voterebbe per restare in Europa. Più realistico e furbo di Zingaretti è stato un europeista Doc, Jean-Claude Juncker, che lo scorso gennaio ha criticato l’Ue, della quale è presidente, per alcune fallimentari iniziative in campo economico, di quelle che hanno massacrato la Grecia e, in misura minore, altri Paesi tra i quali l’Italia.

Ma c’è un altro dato che avrebbe dovuto far riflettere Zingaretti e consigliargli la costruzione di un più ammiccante logo del Pd: se alle elezioni europee del 2014 Renzi fu capace di portare a casa uno strepitoso 40% dei consensi, lui invece – nella migliore delle ipotesi – dovrà accontentarsi della metà di quella percentuale, il prossimo 26 maggio.

Anche perchè arroccarsi sull’acritica difesa di un’Unione europea che da alcuni anni persegue interessi che non sono stati di tutti i Paesi che ne fanno parte, non può servire alla propria causa politica e neppure alla stessa Unione europea, i cui cittadini ormai si ritrovano di più nella vignetta costruita da Giulia Macchi che non nel nuovo logo del Pd.

Ma come farlo capire a Zingaretti? Ormai entrare nella psicologia delle iniziative dei dirigenti Pd di questi ultimi anni è impresa proibitiva anche per gli dei.

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