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Le tre leggi della stupidità applicate ai politici

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Pur volendo soprassedere sui tanti suoi tentennamenti a proposito della condanna dell’aggressione russa all’Ucraina e sulle sanzioni, per quanto ci sforziamo non riusciamo ad intravedere un ordito logico nei comportamenti del segretario leghista, che non sia quello di sfasciare il partito. Eppure, quando era ancora alle prime armi e si professava anti-unitario assieme al suo boss, Bossi, inseguendo un’assurdità storica, il fine era chiaro: le tasse dei produttori del Nord dovevano rimanere al Nord, mentre adesso non si capisce dove egli voglia portare la Lega

– Enzo Ciaraffa –

Nel 1988 il professore Carlo Maria Cipolla diede alle stampe quello che definì un divertissement, un guizzo anarchico dell’intelligenza, ovvero il libro dal titolo Allegro ma non troppo, nel quale tralasciò gli austeri panni dello storico per prodursi in un’ironica ma razionale teoria sulle tre leggi della stupidità. Credetemi, scrisse ottantatré pagine di intelligente e divertente costruzione delle tre leggi fondamentali sulle quali si basava, secondo lui, la stupidità di taluni individui, pagine che si bevono tutte d’un fiato anche se, in questa sede, a noi interessa soltanto un passo di quel libro: «La nostra vita è anche punteggiata da vicende in cui noi si incorre in perdite di denaro, tempo, energia, appetito, tranquillità e buonumore a causa delle improbabili azioni di qualche assurda creatura che capita nei momenti più impensabili e sconvenienti a provocarci danni, frustrazioni e difficoltà, senza avere assolutamente nulla da guadagnare da quello che compie».

Per carità, noi non vogliamo dare dello stupido a nessuno perché la stupidità alla fine si “pubblicizza” da sola, anche se non sappiamo come definire quei comportamenti che, oltre a essere slegati dalla realtà, non portano a nessun risultato e, anzi, sono anche dannosi per chi li assume.

Prendiamo il segretario della Lega Matteo Salvini, dopo aver manifestato per anni l’intenzione di volere far secedere la Padania dal resto dell’Italia, dopo aver predicato il diritto alla difesa armata dei cittadini, dopo avere ostacolato con ogni mezzo l’arrivo degli immigrati irregolari in Italia, adesso ha indossato il saio di fra’ Matteo da Milano. Infatti, lo scorso 28 febbraio si è recato ad Assisi per pregare sulla tomba del povero San Francesco a favore della pace in Ucraina aggredita militarmente dalla Russia. Poco più di una settimana dopo Assisi, in una sua personale marcia della pace, era già in Polonia, nella città di Przemysl al confine con l’Ucraina. Sennonché il sindaco (di destra) di quella città si è ricordato di alcune sue recenti performances pro-Putin, ragione per cui non soltanto si è rifiutato di riceverlo in Comune ma lo ha preso anche e a pesci in faccia in diretta televisiva.

Da quel momento le quotazioni della Lega, che erano già in costante ribasso, sono cominciate addirittura a tracollare.  Sembra proprio che il segretario leghista abbia perduto – ammesso che le abbia mai possedute – lucidità e capacità di disinnescare in tempo gli eventi potenzialmente negativi per lui e per la Lega, come dimostra un accadimento in Regione Lombardia. Infatti, due giorni fa il Consiglio regionale, con il voto segreto di alcuni leghisti, ha raggiunto la maggioranza occorrente per richiedere le dimissioni di Gianluca Savoini dalla vice presidenza del Corecom Lombardia, l’ente che ha il compito di garantire il rispetto delle norme in materia di corretta comunicazione e libertà di stampa. Ciò perché questi si era dichiarato aperto sostenitore della politica di Putin… pensarci un po’ prima a farlo dimettere con un accorto maquillage politico no, eh!

In sovrappiù, pur volendo bypassare la selva dei suoi indecifrabili ma, però, se, forse, a proposito della condanna dell’aggressione russa e sulle conseguenti sanzioni, per quanto ci sforziamo, non riusciamo ad intravedere un ordito logico nei comportamenti del segretario leghista, che non sia quello di sfasciare il suo partito. Quando era ancora alle prime armi in politica, egli si professava anti-unitario assieme al suo capo, Bossi, soggiacendo al mito di un’assurdità storica, ma il fine almeno era chiaro: le tasse dei produttori del Nord dovevano rimanere al Nord.

Quando scalmanava contro l’Unione europea non si rendeva conto di attaccare un organismo che, nonostante le sue luci e ombre, aveva assicurato la pace in Europa per settant’anni e, tuttavia, anche questo era intellegibile: voleva il bilanciamento dell’eurocentrismo dell’Italia, eccessivamente prono a Bruxelles in verità, con una maggiore apertura alla Russia, non cogliendo l’assurdo insito nel fatto di voler ascrivere l’Italia tra gli amici della Russia mentre i suoi ex alleati del Patto di Varsavia prendevano le armi contro di essa per affrancarsene.

Quando, infine, ha trasformato la Lega da movimento separatista e potenzialmente eversivo in un partito che ha adottato il Tricolore, un progetto nazionale portato avanti contro la pancia del suo partito il fine era ancora più chiaro: uscire dal fortino padano e togliere voti al M5S e agli alleati del Centrodestra in tutta l’Italia.

Velleità, si dirà, perché alla base del suo intento non c’era un progetto che fosse vagamente razionale/nazionale. D’accordo, ma almeno le cose che faceva prima avevano un senso ed un fine, mentre è dai tempi del Papeete che non si capisce dove egli voglia portare il suo partito, con un piglio d’inconcludenza che rassomiglia a quello del peggiore Andreotti quando, da un lato si profondeva in severe condanne storiche della “soluzione finale” nazista contro gli ebrei e dall’altro amoreggiava con Yasser Arafat, molto prima della sua palingenesi di Camp David, quando era soltanto il capo dell’organizzazione terroristica palestinese Al – Fatah che si proponeva il medesimo obiettivo di Hitler: fare scomparire Israele dalla faccia della terra. Non a caso Arafat era il nipote di quel Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al-Husseini, che negli anni Trenta del Novecento incoraggiava Hitler a perseguire fino in fondo lo sterminio degli ebrei. D’altronde, l’ultimo attentato sanguinario perpetrato da un terrorista palestinese contro persone inermi a Tel Aviv risale a poche ore fa.

Ma oggi neppure un vecchio democristiano con il pelo sullo stomaco (e ve n’erano tanti nella defunta Democrazia cristiana) avrebbe dubbi riguardo da che parte stare, stante che la posta in gioco non è soltanto la libertà dell’Ucraina ma anche quella di tutta l’Europa. Sicché quando Draghi ha affermato, con scarsa diplomazia in verità, che gli italiani devono decidere se vivere liberi o stare al caldo grazie al gas del dittatore russo, ha affermato una scomoda ma ineluttabile verità.

Ma questo, Matteo Salvini lo ha capito? O nel suo caso è operante la sconsolata conclusione alla quale pervenne il suddetto professor Cipolla a chiusura della sua terza legge fondamentale sulla stupidità?

Eccola: «Nessuno sa, capisce o può spiegare perché quella assurda creatura fa quello che fa. Infatti non c’è spiegazione – o meglio – c’è una sola spiegazione: la persona in questione è stupida».

Così parlò il professor Cipolla.

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