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Il perchè della nostra fuga verso il passato

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Una persona, nata dopo la fine della II Guerra Mondiale, si ritrova oggi priva di agganci ideali al suo passato, assisa com’è in un presente nel quale stenta a riconoscersi e, anzi, come propose Beppe Grillo, vorrebbe privarla anche del diritto di votare perché vecchia. Ma il sistema di potere che si è strutturato nel nostro Paese ci ha anche resi stranieri in Patria, ci costringe a vivere barricati in casa perché in balia di torme di selvaggi muscolosi e ben pasciuti, che arrivano in Italia dicendo di scappare da guerre che, in realtà, non esistono

– Enzo Ciaraffa –

Quando si parla di passato intendiamo riferirci a ciò che appartiene al tempo trascorso, e a quelli della mia generazione capita spesso di farvi accenno perché, se il tempo a venire è per noi un’aspirazione e il presente un enigma, soltanto nel passato ritroviamo tutte le nostre certezze. Possiamo, perciò, sostenere che noi anziani abbiamo il sacrosanto diritto di avere un passato, un tempo che non c’è più è vero, ma il cui ricordo è capace di procurarci serenità e un po’ di nostalgia nell’accettarlo, bello o brutto che sia stato. Infatti, è la serena accettazione della sua irrecuperabilità a donare alla maggior parte degli anziani di ogni latitudine la pacatezza, la riflessività e un ritrovato spirito solidale verso gli altri, insomma a renderli più saggi.

Purtroppo, la classe politica e dirigente italiana del primo e del secondo dopoguerra, sebbene al cospetto di nuovi e più democratici ordinamenti istituzionali seguiti alla fine del fascismo, ha continuato a rapportarsi con gli amministrati come accadeva nel periodo prebellico, ritenendoli ancora, questi, bucolici, analfabeti e sottomessi dimostrandosi così incapace di prevedere le nuove, esplosive istanze giovanili che covavano sotto la cenere. Quando tali, trascurate istanze, lievitarono fino a diventare uno spirito rivoluzionario che metteva in discussione l’intero sistema di potere, i governi italiani di centrosinistra tentarono di “assimilarlo” senza rendersi conto che si trattava di una rivolta di natura politica, culturale e anche filosofica contro la società tradizionale, cioè contro di loro. Quella tempesta imperfetta la chiamammo Sessantotto.    

E allora, mentre il presidente De Gaulle in Francia, dove peraltro il Sessantotto era nato e dove i comunisti non avevano fatto comunella con le piazze ritenendole percorse da borghesi esagitati che giocavano alla rivoluzione, in Italia i governi, pur di restare al potere, cedettero ai ripetuti ricatti dei rivoluzionari, dei sindacati e delle sinistre, trasformando di fatto il nostro sistema liberaldemocratico in un regime praticamente anarco-comunista. Tutto questo poté avvenire senza produrre sfracelli istituzionali immediati perché il nostro Paese era ostaggio di due monopoli, quello di governare, che era una privativa della Democrazia Cristiana, e quello di fare opposizione, che lo era del Partito Comunista: a questi due monopoli bastò mettersi d’accordo per non mandare (ufficialmente) al macero la nostra Costituzione, anche se da quel momento non si sono più contati i suoi stravolgimenti.

Quale fu la merce di scambio per mantenere in piedi questo patto non scritto?

La lista sulla quale questo do ut des resse sarebbe davvero lunga da compilare, però siamo in grado di dirvi subito quanto ci è costato fino a oggi: 2.843 miliardi di euro! Eh sì, perché il mostruoso debito pubblico, che non riusciamo più neppure a finanziare, non ci è piovuto dal cielo, ma è la conseguenza di sessant’anni anni di consociativismo politico (a partire dal primo governo di centrosinistra del 1963), durante i quali è stato scambiato/svenduto tutto in nome di un malinteso senso di uguaglianza tra le classi sociali che, così, passarono dal dislivello colmabile all’appiattimento egalitario. Come dire la soppressione di istituti assistenziali per categorie di lavoratori, di colonie per i bambini, del sistema sanitario com’era e perfino ciò che di buono amavamo del nostro passato, come la religione seguita, il dovere praticato, la scuola efficace, la famiglia compatta e la Patria ancora viva nei nostri cuori (nonostante gli abusi che ne aveva fatto il fascismo), i punti-cardine della nostra esistenza di brava gente.

Col passare degli anni le cose sono andate via via peggiorando in modo che non è esagerato definire drammatico perché il termine “Sinistra”, che un tempo era pur sempre sinonimo di giustizia sociale, oggi è sinonimo di Lgbt+, di immigrati illegali che stanno mettendo in ginocchio il nostro Paese, di spesa pubblica fuori controllo e perfino di ladruncoli che tengono in ostaggio città, metropolitane e ferrovie. Ma è con la cancel culture che la Sinistra ha dato il colpo di grazia a ciò che di buono noi anziani amavamo del nostro passato, come le antiche tradizioni, la gloria di Roma universale, gli scopritori italiani delle Americhe, i grandi artisti oggi considerati dannati e una visione romantica della vita… sì, eravamo dei sognatori. È un peccato? Sicché una persona, nata dopo la fine della II Guerra Mondiale e cresciuta all’insegna di tali valori, si ritrova oggi priva di agganci ideali al suo passato, assisa com’è in un presente nel quale stenta a riconoscersi e, anzi, come propose Beppe Grillo, vorrebbe privarla anche del diritto di votare solo perché è vecchia. Ma il sistema di potere che si è strutturato nel nostro Paese ci ha anche resi stranieri in Patria, ci ha costretti a vivere barricati in casa perché fuori l’uscio si aggirano di torme di selvaggi muscolosi e ben pasciuti, che arrivano in Italia scappando da guerre che non esistono, anzi, la guerra essi la stanno dichiarando al nostro Paese reo di averli scriteriatamente accolti.  

Poi, a peggiorare la percezione di noi anziani, ti arriva una ragazzina svedese che, invece di andare a scuola come le sue coetanee e ignorante di qualsiasi dato scientifico a riguardo, si mette a predicare la catastrofe del nostro pianeta a causa del surriscaldamento della terra, subito coccolata dalla Sinistra globale che, come il pifferaio magico di Hamelin, si trascina appresso milioni di ragazzi, di adulti, di governi e di prestigiose istituzioni sovranazionali perché, sostiene, «Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia».

A fronte di un’accusa così grave, invece di fare un serio esame delle condizioni del nostro pianeta e delle sue prospettive di sopravvivenza, al cospetto dei più grandi inquinatori/mistificatori di sempre come gli Usa, la Cina, l’India e la Russia, la Sinistra ha preferito avallare acriticamente le castronerie di questa ragazzina perché le sono funzionali, perché ha capito che col terrore della catarsi universale i popoli accetteranno di tutto da chi li governa (…anche se non hanno vinto nessuna elezione) e lo abbiamo visto durante la pandemia. Insomma, una ragazzina ignorante e una classe politica e dirigente che, dopo averci portato a questo punto, dovrebbe soltanto andare a nascondersi pregando affinché i cittadini non vadano a scovarla con le forche in mano, scarica sulla nostra generazione le sue inefficienze avallando l’idea che essa sia una ladra di sogni e di futuro dei giovani. Noi, i costruttori del mondo moderno e di quella tecnologia che sta facendo vivere soprattutto i giovani in una fantasmagorica bolla di benessere futurista, dovremmo sentirci ladri di sogni? Ma sapete che cosa vi dico signori gretini, politici da quattro soldi, ambientalisti tanto al chilo e media prezzolati: andate a fare in culo e piuttosto restituitemi almeno il ricordo del mio passato!

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