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La guerra dei criminali, degli eroi e dei fessi

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Mentre il segretario della Lega si faceva prendere a pesci in faccia in mondovisione dal sindaco polacco di Przemysl a causa delle sue passate simpatie per il boia, i cui carri armati stanno appena di là del suo confine, la guerra in Ucraina andava avanti. Ma, sebbene senza risultati, è andata avanti anche la diplomazia internazionale, con obiettivi ed intrecci che, secondo noi, il grande convertito al pacifismo e il nostro ministro degli esteri non poterebbero neppure immaginare

– Enzo Ciaraffa –

Nel contributo pubblicato su Il Rullo lo scorso 4 marzo a proposito delle sconsiderate capriole di un Salvini pervicacemente teso a distruggere il patrimonio di consenso della Lega, sostenemmo che il capitano è politicamente inadeguato, e che lo sarà ancora di più nel nuovo mondo delle relazioni nazionali ed internazionali che emergeranno dalle macerie dell’Ucraina, comunque andrà a finire la guerra in corso. Nel contributo aggiungemmo anche che egli non è il solo politico ad essere inadeguato per la gestione della congerie di eventi che sta squassando il mondo e il nostro Paese, perché l’inadeguatezza è la cifra di una classe politica che non è stata capace neppure di eleggere il presidente della repubblica. A supporto di questo assunto ricordiamo che, in piena crisi internazionale, il ministro degli esteri Di Maio, colui che ha nelle mani le sorti della nostra politica estera, ha buttato nel cesso la sua eventuale (ed improbabile) affidabilità negoziale quando ha definito pubblicamente “animale” Putin: in diplomazia certe cose si possono anche pensare, di certo non vanno dette coram populi!

Purtroppo, mentre Salvini si faceva prendere a pesci in faccia in mondovisione dal sindaco polacco di Przemysl a causa delle sue passate simpatie per il boia, i cui carri armati stanno appena di là del suo confine, la guerra andava avanti. Ma è andata avanti anche la diplomazia internazionale, con obiettivi ed intrecci che, secondo noi, il grande convertito al pacifismo e il ministro degli esteri non poterebbe neppure immaginare. In questi giorni, infatti, sono accadute cose lontane anni-luce dalla loro capacità di analizzare gli eventi, la politica e le loro interconnessioni:

  • L’accordo sul programma nucleare iraniano è giunto ad un passo dall’essere sottoscritto da Iran e Stati Uniti, anzi sarebbe stato già stato firmato se i russi non avessero preteso l’inserimento di protocolli aggiuntivi.
  • La settimana scorsa il premier israeliano Naftali Bennett ha tentato di mediare tra russi ed ucraini e, per quanto ne sappiamo, senza risultati concreti… qualcuno in Italia si è domandato quale fosse il vero interesse di Bennett nella faccenda?
  • L’altrieri Maduro ha fatto liberare due dei sette americani che erano stati imprigionati nel 2017 per presunte responsabilità nella crisi petrolifera venezuelana.
  • Pare che da settimane il principe saudita Mohammed bin Salman e lo sceicco Mohammed bin Zayed al Nahyan degli Emirati Arabi Uniti stiano respingendo i tentativi del presidente Biden di formare una coalizione pro-Kiev e sui prezzi amministrati del petrolio. Alla base del temporaneo negarsi degli sceicchi v’è lo scarso supporto fornito loro dagli Usa nella guerra contro lo Yemen appoggiato dall’Iran.
  • È fallito anche il vertice russo-ucraino di Antalya e, stante gli organizzatori, non poteva finire diversamente.

Ebbene, il filo che annoda i suddetti avvenimenti è un classico di quella diplomazia sotterranea mediante la quale ogni Paese, non direttamente interessato, cerca di trarre dei vantaggi da una grave crisi internazionale: i russi, oltre a volere un’Ucraina “addomesticata”, stanno da tempo cercando di minare la normalizzazione dei rapporti Usa-Iran perché non vogliono una potenza nucleare teocratica ai loro confini esattamente come non vi vogliono la Nato. Ma, con grande preoccupazione d’Israele e dell’Arabia Saudita, l’amministrazione Biden cercherà di consolidare i rapporti con gli ayatollah perché ha bisogno anche del loro petrolio in sostituzione di quello russo. Ecco perché il premier israeliano Naftali Bennett ha tentato di mettere pace tra Putin e Kiev mirando al fatto che, se finisce quando prima la guerra, gli americani non saranno costretti a cedere ancora sul programma nucleare degli iraniani che, si teme a Gerusalemme, si svilupperebbe soprattutto in chiave anti-israeliana.

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro, invece, tramite il petrolio del quale gli Stati Uniti hanno bisogno per la loro industria, sta cercando di ricucire i rapporti con la Casa Bianca col duplice obiettivo di uscire dall’isolamento internazionale ed importare valuta pregiata che, in questo particolare momento, è vitale per l’asfittica economia del Venezuela.

Fermo restando che il destino militare del valoroso popolo ucraino è segnato, la crisi internazionale, seguita all’aggressione russa, è soprattutto uno scontro di valori tra democrazia e autocrazia. Ciò posto dovremmo domandarci che fine abbia fatto l’Onu che, se non ricordiamo male, si costituì allo scopo di “…rafforzare la pace a livello internazionale, la sicurezza e le buone relazioni tra i diversi Stati, nonché promuovere lo sviluppo economico e sociale e garantire il rispetto dei diritti umani”. Ecco, mettere questi diritti in mano a tre dittatori quali Putin, Erdogan e Xi Jinping, come in pratica è avvenuto ad Antalya, ha perlomeno del surreale. Com’è surreale il fatto che Salvini, con le sue ripetute minchionate, ha ridotto la Lega ad una parodia di se stessa, indebolendo la credibilità dell’intero Centrodestra e creando i presupposti affinché i governi del futuro restino saldamente in mano alla Sinistra, che una soluzione per far finire subito la guerra ce l’ha: consegnare l’Ucraina a Putin, come a Monaco nel 1938 consegnammo la Cecoslovacchia a Hitler. Queste striscianti pulsioni della Sinistra certamente ci preoccupano ma non ci meravigliano perché sono lo storico riflesso condizionato di chi ha nel proprio Dna i geni drogati di quel comunismo del quale anche Putin è figlio.

Gli avvenimenti internazionali, ormai, hanno preso una certa deriva e non crediamo che l’Italia da sola possa essere in qualche modo influente nel gioco politico internazionale che si prefigura, ma se i leghisti si levassero dalle scatole Salvini sarebbe già un piccolo passo in avanti per la credibilità dell’Italia e della stessa Lega, come eventuale forza di governo del Paese in un momento che non è esagerato definire tragico.

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