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Il suo vero nome era giovinezza

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Gli anni della Vespa furono anni di giovanile incoscienza ma furono i più belli della nostra vita, perché eravamo ragazzi, perché eravamo innamoraticci e perché sul sellino della Vespa ci illudemmo di stare a correre verso un mondo migliore di quello che ci era stato lasciato in eredità

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Nel 1945 l’imprenditore Enrico Piaggio concepì l’idea di un mezzo di locomozione che consentisse di spostarsi in autonomia e che fosse alla portata delle tasche degli italiani, magari con l’ausilio di qualche cambiale. Da quell’idea i progettisti ricavarono un tozzo scooter, il Paperino, che non fu mai commercializzato perché non aveva entusiasmato Piaggio il quale, però, non mollò e mise la sua intuizione in mano all’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio. E fu così che dal Paperino nacque la Vespa.

Modello di Vespa anni Sessanta

Modello di Vespa anni Sessanta

Presentata ufficialmente alla Fiera di Milano del 1946, il nuovo mezzo aveva delle caratteristiche tecniche semplici e che proviamo a sintetizzare alla meglio:

  • carrozzeria portante a guscio che assicurava al guidatore una protezione molto più elevata di quella offerta dai motocicli di allora;
  • per porsi alla guida non bisognava “cavalcarla” perché non aveva un longherone centrale come le motociclette, perciò era guidabile anche dalle donne;
  • cilindrata di 98 cc.;
  • motore a due tempi di 3,2 cavalli;
  • cambio manuale a tre marce;
  • velocità massima 60 chilometri all’ora;
  • un litro di miscela ogni 50 chilometri.

Il fatto, poi, che il progettista della Vespa fosse un ingegnere aeronautico si capiva dalla linea del parafango anteriore, che era uguale a quelli delle ruote dei principali aerei militari italiani della II guerra mondiale. In verità, anche la primissima ideazione di uno scooter era riconducibile ad un mezzo militare pensato addirittura dieci anni prima di Piaggio.

Aermoto Volugrafo

Aermoto Volugrafo

Nel 1936 l’ingegnere Claudio Belmondo progettò per i paracadutisti del Regio Esercito un piccolo scooter aviolanciabile, un progetto che però fu realizzato dall’Aermoto Volugrafo di Torino soltanto nel 1942. Ne furono prodotti 2.000 esemplari che non entrarono mai in linea, almeno non con i nostri paracadutisti. Sì, perché sopraggiunto lo sfacelo dell’8 settembre 1943 gli occupanti tedeschi requisirono tutti i Volugrafo fin lì prodotti per i nostri parà. Questa è, suppergiù, la storia ma adesso ritorniamo alla Vespa per renderle l’omaggio che merita, anche se prima di noi lo fece il regista americano William Wyler che, nel 1953, la immortalò nel film Vacanze Romane interpretato da Gregory Peck e Audrey Hepburn.

Questo motoveicolo – che gli italiani della nostra generazione portano nel cuore come la prima fidanzatina – rappresentò una novità rivoluzionaria in una società per buona parte ancora rurale e che si spostava prevalentemente con la corriera, in calesse od a piedi. La Vespa, infatti, innescò un profondo mutamento nel modo di viaggiare perché essendosi messa in competizione con le allora rare ma costose autovetture, costrinse le fabbriche di automobili a sfornare delle quattro ruote che fossero anch’esse economiche e alla portata di tutte le tasche. Insomma la Vespa fece da apripista alla motorizzazione di massa, alla rinascita industriale e al miracolo economico: la Giardinetta, la Cinquecento e la Seicento della Fiat erano alle viste.

Aermoto catturata dai tedeschi nel 1943

Aermoto catturata dai tedeschi nel 1943

Secondo noi, però, il successo della Vespa non risiedé soltanto nei costi popolari, nei ridotti consumi, in un motore poco rumoroso e di facile manutenzione, e neppure nella sua facile guida sul pavé delle città e dei malmessi centri rurali. La fortuna dello scooter di Piaggio fu da attribuirsi anche a recondite motivazioni psicologiche. La Vespa, infatti, non si faceva semplicemente cavalcare dal suo guidatore, come avveniva con le altre moto, ma lo avvolgeva nel suo grembo come una madre. Insomma, il suo design arrotondato paragonabile al grembo materno, le scocche laterali bombate simili alla rotondità delle mammelle, in qualche modo riportavano inconsciamente alla beatitudine della vita uterina e agli aneliti dei primi mesi di vita, quando il seno materno era il centro del nostro universo. E dopo vent’anni di machismo e di mistica guerriera fascista, dopo una guerra disperata, gli italiani avevano proprio bisogno di dolcezza avviluppante e di forme materne. Questo inesplorato risvolto a sfondo psicologico è dimostrato dal fatto che la Vespa piacque a tutti, maschi e femmine, tant’è che la Piaggio pensò di utilizzare figure femminili in veste di guidatori per reclamizzarla.

Vespa armata di cannone da 106 senza rinculo

Vespa armata di cannone da 106 senza rinculo

Fino ad oggi la Piaggio ha prodotto svariati tipi di Vespa e suoi derivati, modelli che vanno dal motofurgone Apec al tuk – tuk (o moto risciò) usato nei Paesi del Sud Est Asiatico, dal sidecar allo scooter militare equipaggiato con un cannone da 106 senza rinculo.

Verranno anche quelle alimentate con gasolio e col gas liquido ma noi rimarremo sempre fedeli alla memoria di quella Vespa rossa, alimentata a miscela e con la “marmitta truccata”, che guidavamo senza casco (all’epoca non usava), con un giornale infilato sotto il maglione per proteggerci dal freddo anche in pieno inverno.

Furono anni di giovanile incoscienza ma furono i più belli della nostra vita, perché eravamo ragazzi, perché eravamo innamoraticci e perché sul sellino della Vespa ci illudemmo di stare a correre verso un mondo migliore di quello che avevamo trovato.

*Nella foto grande, l’emblematica immagine tratta dal film “Vacanze romane” con Gregory Peck e Audry Hepburn che fece conoscere in tutto il mondo la mitica Vespa

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