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Il problema non è la Tav o la Tap ma la sconnessione dalla realtà

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La maggior parte di noi italiani da un po’ di anni è affetta da una irragionevole frenesia luddista perché guarda con sospetto la tecnologia e, incoerentemente, gode voluttuosamente di tutto quanto essa offre grazie a procedimenti che sono ineluttabilmente interconnessi, e pensare il contrario sconnette noi dalla realtà

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1 novembre 2018 – Secondo il rapporto dell’Associazione italiana energie agro forestali e di quello coevo dell’Istat riferito al 2014 e titolato I consumi energetici delle famiglie, il 21,4% delle famiglie italiane utilizza la legna per fini energetici, per un totale complessivo di 17,7 milioni di tonnellate, mentre il 4,1% di esse utilizza il pellet per un totale di 1,5 milioni di tonnellate. Questo significa che, soltanto per riscaldarci, ogni anno consumiamo all’incirca 19 milioni di tonnellate di legna in quanto tale e di pellet: non riusciamo neppure ad immaginare quanti alberi bisogna abbattere ogni anno per produrli.

Come se non bastasse, pare che nel nostro Paese esistano ancora dodici centrali elettriche alimentate a carbone e che, da sole, immetterebbero 39 milioni di tonnellate di CO² nell’atmosfera, come dire il 40% di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale. Con la diretta conseguenza di far morire, in media, 521 persone ogni anno per cause connesse agli effetti perniciosi dei fumi della combustione di carbone sull’organismo umano. Non parliamo poi delle centrali alimentate ad olio combustibile che di certo non è più ecologico del carbone, ma preferiamo fermarci qui sennò corriamo il rischio di infognarci in una ridda di numeri e di dati statistici fini a se stessi.

Stante una tale situazione la cosa più ragionevole da farsi sarebbe stata il ricorso all’energia nucleare per produrre energia, e bisogna dire che nel secondo dopoguerra l’Italia aveva iniziato a muoversi in questa direzione con le centrali elettriche del Garigliano e di Montalto di Castro. La prima costruita dell’ingegnere Riccardo Morandi (lo stesso progettatore del ponte caduto a Genova lo scorso 14 agosto) fu chiusa nel 1978 in seguito al guasto di un generatore di vapore. La seconda centrale, quella di Montalto di Castro, invece, non entrò mai in funzione a causa delle proteste degli ambientalisti e del sopravvenuto referendum abrogativo del 1987.

Il guaio di noi italiani è che siamo un popolo di emotivi sennò avremmo realizzato che, a conti fatti, la scelta del nucleare per produrre energia sarebbe stata quella più saggia, visti i costi e gli effetti nefasti prodotti sull’ambiente e sulla salute dalla produzione tradizionale dell’energia. Tra l’altro, compriamo energia elettrica dalla Francia e dalla Svizzera che la producono anche col nucleare fuori l’uscio di casa nostra: forse che in caso di un incidente le radiazioni provenienti dalle nazioni con noi confinanti ci farebbero meno male di quelle, eventualmente, casalinghe? Se non è demagogia miopica questa…

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Donato Tesauro, l’irrazionalità di una scelta

Poiché noi italiani sappiamo essere perseveranti negli errori, in preda ad una sorta di frenesia luddista da un po’ di anni abbiamo iniziato a guardare con sospetto la tecnologia e, incoerentemente, a prendere tutto quello che essa ci offre grazie a procedimenti che sono ineluttabilmente interconnessi. Il non prenderne atto sconnette noi dalla realtà. Non si può pensare, ad esempio, di poter godere del computer, della radiografia, della Tac e della medicina nucleare se poi si è contrari alla costruzione di centrali per produrre tutta l’energia occorrente ad assicurarli.

Come se non bastasse questo pregresso, irrazionale approccio con la modernità, una parte della base del M5S che è al governo del Paese, vorrebbe bloccare i lavori della Tav (treno ad alta velocità) e della Tap (Trans-Adriatic Pipeline). Per capirci, la Tav è il tracciato della linea ferroviaria internazionale di 235 chilometri volta a collegare Torino con Lione. Lo scopo del progetto è quello di creare un corridoio integrativo della rete dei trasporti trans-europei in modo che, partendo da Torino, si possano allargare le vie dirette verso il Mediterraneo, in modo da favorire l’interscambio con i Paesi del continente africano.

La Tap, invece, è l’acronimo di Trans-Adriatic pipeline, ovvero un gasdotto che dalla frontiera Turca dovrebbe portare in Italia e in Europa il gas naturale estratto in Azerbaigian e comunque proveniente dalla zona del Mar Caspio. La costruzione e l’entrata in esercizio del gasdotto avrebbe un impatto minimo sull’ambiente, perché le condotte camminerebbero sottoterra, e provocherebbe una maggiore offerta di gas sul mercato interno che ne abbasserebbe il costo, facendo diventare conveniente persino per le centrali termoelettriche bruciare gas invece di olio e carbone.

Eppure il M5S, che in questo momento è al governo del Paese al quale ha promesso progresso e benessere, si è fatto da lungo tempo vindice delle ragioni di coloro che la pensano in modo un po’ strano. Essi, infatti, vorrebbero debellare le epidemie senza i vaccini e, allo stesso tempo pensano di poter creare lavoro con la chiusura tout court delle fabbriche che inquinano; parlano di abbassamento dei costi del lavoro e avversano quelle migliorie tecnologiche che metterebbero i processi produttivi delle nostre aziende almeno alla pari con quelli dei Paesi dell’Ue. Però, fare promesse è una cosa, governare è un’altra.

Nel momento in cui il M5S si è trovato a dover redigere un progetto di governo e di sviluppo per il Paese si è, finalmente, accorto che l’arretratezza culturale non fa rima con sviluppo e allora ha iniziato a fare mille contorsioni per giustificare il sostanziale passo indietro sulla promessa elettorale di bloccare i cantieri della Tav e della Tap. Sicché dopo la famigerata manina del decreto economico è venuta fuori stavolta la penale che l’Italia dovrebbe pagare qualora bloccasse i due contestati cantieri, come dire il governo andrà avanti sui lavori soltanto perché glielo impone una penale che ignorava. Entusiasmante!

Signori del M5S, invece di continuare ad indugiare nella politica del giustificazionismo, incominciate a tirar fuori gli attributi per trovare il coraggio di spiegare alla vostra base che l’umanità di oggi non può permettersi il lusso di vivere in modo sconnesso dal contesto generale e che, semmai, il problema del futuro sarà la capacità di saper mantenere, o meno, il controllo sulla tecnologia affinché essa si sviluppi con l’uomo, per l’uomo e non contro di lui.

Continuare ad insistere nella folle idea di poter vivere (e sopravvivere) il terzo millennio facendo a meno dell’atomo per scopi pacifici, delle fabbriche, delle autostrade e dei circuiti di rifornimento, ci avvierebbe fatalmente verso un unico traguardo: il ritorno allo stile di vita del paleolitico.

Immagine di copertina: Foto dei politici bruciate a Melendugno dai grillini arrabbiati (Foto Il Messaggero)

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