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Gratitudine e timori di un’addetta ai lavori

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Oggi le misure restrittive impongono la diminuzione di tutte le attività non strategiche, anche quelle sociali e di volontariato, sicché viene da pensare alle famiglie dove i conflitti già esistenti sono esacerbati dal contatto quotidiano forzato, dove genitori, magari anziani, non riescono a controllare il comportamento di un figlio che abusa di sostanze stupefacenti e col quale sono costretti a convivere forzatamente, praticamente in balia delle sue crisi di astinenza, della sua grama vita
– di Mariangela Buttiglieri* –

Le forze dell’ordine e le forze armate, assieme a medici e infermieri, sono ritenuti dagli italiani i protagonisti più meritevoli di considerazione in questi giorni di emergenza sanitaria, unitamente a tutti gli altri soggetti professionali che stanno lavorando per tirare il carro-Italia fuori dalle paludi della pandemia. Oggi più che mai essi sono sottoposti a sovrumani sforzi, sia per vigilare su quanti trasgrediscono le disposizioni ministeriali in merito al contenimento e lotta al Covid-19, e sono centinaia di migliaia in tutta Italia, sia per assicurare gli interventi di sicurezza ordinaria, il “servizio d’istituto” come si dice nell’ambiente.

Ebbene, durante una breve pausa del mio lavoro di medico, questa situazione esistenziale così inedita mi ha indotta ad alcune riflessioni sulle famiglie bloccate in casa, spesso in appartamenti di pochi metri quadri, senza avere neppure la possibilità di sgambettare in un cortile od in un giardinetto.

Sì, perché oggi le misure restrittive, la cosiddetta quarantena, impongono il blocco di tutte le attività, anche quelle sociali e di volontariato, sicché mi viene da pensare con apprensione a quelle famiglie dove i conflitti già esistenti sono esacerbati dal contatto quotidiano forzato, dove genitori, magari anziani, non riescono a controllare il comportamento di un figlio che abusa di sostanze stupefacenti e con il quale sono costretti a convivere, con tutti i problemi che una siffatta coabitazione impone.

Ma le situazioni – tipo sono anche altre, laddove malattie devastanti ed invalidanti possono, in questo momento, essere seguite solo dai componenti del nucleo familiare, dove un padre padrone ha più occasioni e, meno “visibilità”, per poter intimidire i familiari, dove un marito abitualmente violento, frustrato dalla lunga quarantena, ha maggiore possibilità di sbraitare e/o accanirsi contro la propria partner per un nonnulla.

Eh sì, direbbe qualcuno, “ordinaria amministrazione” per le forze dell’ordine in un periodo, soggiungo io, di straordinaria amministrazione, non possiamo pretendere di più dai nostri uomini in divisa, già impegnati sul vero fronte assieme a noi: l’emergenza sanitaria.

La situazione che stiamo vivendo è sicuramente paralizzante per i nostri movimenti ma non per la nostra mente sicché tutti dovremmo sentirci pervasi dalla voglia di dare una mano, di darsi una mano. Dovremmo capire, adesso che il corona virus incomincia a darci un po’ di respiro, che dopo un mese di confino in casa per sessanta milioni di persone, è giunto il momento per intervenire anche a sostegno di uno spaccato di società che con l’emergenza sanitaria ha visto acuirsi i propri problemi e che avrà bisogno, quando prima, di un sostegno psico-socio-sanitario da parte dello Stato che così, oltre a curare i narrati disagi, alleggerirebbe anche la pressione sulle forze di polizia che, come dicevo prima, in questo momento servono al “fronte” e alle quali anche va il nostro affetto e gratitudine in un momento così difficile per il Paese.

* Medico specialista e Consigliere Comunale di Busto Arsizio
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