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Ciao Sergio e non addio perché i poeti non muoiono mai

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Il buon ritiro del maestro-poeta Sergio Belvisi non era la dannunziana villa “La versiliana” ma la quiete Valle Olona, ed i suoi trasalimenti egli amava condividerli con il fido cagnetto Jimmy, durante le loro scarpinate lungo le coste alberate che si riflettono nel placido fiume oggi singultente tra i ciottoli del suo letto
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Stanotte è venuto improvvisamente a mancare nella sua abitazione di Fagnano Olona il maestro Sergio Belvisi e, volendolo ricordare con un pensiero, potremmo semplicemente dire: era un poeta…

Ma era molto di più, era il cantore della Valle Olona, l’ispiratore di buoni sentimenti, era un artista dei rapporti umani.

A tal riguardo non potevamo non richiamare alla memoria il verso finale di una poesia dal titolo “Estasi” dove Belvisi, un irrecuperabile maestro in pensione come scherzando spesso lo apostrofavamo, era riuscito a dar plasticamente corpo ai suoi intimi trasalimenti di fronte al sempiterno, e sempiternamente bello, spettacolo della natura.

Ma “Estasi” è qualcosa di più di un trasalimento dell’animo, è un recupero della memoria, perché nelle sue figure retoriche riecheggia lo spirito e il modo di sentire della poesia del Novecento italiano, un secolo tremendo eccetto che per la scienza e per la letteratura. Sergio infatti ha percorso, in questa poesia, lo stesso sentiero di D’Annunzio ne “La pioggia nel pineto” ma, a differenza del poeta pescarese, la sua poesia è meno carnale perché ci reca lo stupore e l’innocenza di un bambino che apre gli occhi sul primo giorno del mondo.

Ciò perché il buon ritiro di Belvisi non era la dannunziana villa “La versiliana” ma la quiete Valle Olona, ed i suoi trasalimenti egli amava condividerli con il fido cagnetto Jimmy, durante le loro scarpinate lungo le coste alberate che si riflettono nel placido fiume che oggi, per il dolore, pare singulti tra i ciottoli del suo letto: «Ombre improvvise sulle terrazze delle colline/smorzano gli ultimi sprazzi di sole/tra le frange appare la luna/Straordinaria quiete intorno/ nei solchi di stoppie il rustico umore d’autunno/nell’aria l’odore grato della campagna/ A questo cielo immenso e misterioso/a questa terra d’incanto e d’oltraggio appartengo/Nell’attesa di un nuovo stupore vivo».

E infatti continuerai a vivere maestro Belvisi. Nel cuore dei tuoi alunni oggi uomini e donne, e nella memoria dei tempi sereni di noi che avemmo il privilegio di conoscerti e di fare un tratto della strada della vita insieme.

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