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Chi pagherà i conti sbagliati di zar Vladimiro

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zar Vladimiro
Se lo “zar Vladimiro” Putin i conti non li sa fare, i corrotti e danarosi oligarchi sui quali regge il suo potere li sanno fare e come! Essi, infatti, sanno benissimo che l’Unione Europea, con il suo mezzo miliardo di abitanti e un PIL da 16.400 miliardi di dollari, è la seconda più importante economia del pianeta. E i soldi dei ricchi, notoriamente, vogliono andare laddove ci sono altri soldi, impipandosene allegramente delle manie imperiali del Putin di turno, anche perché le sanzioni inglesi sono dirette, stavolta, anche contro i rappresentanti della Duma che hanno votato il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Sorvolando sulle aspirazioni secessioniste che Putin ha in casa, come quelle di circassi, balcari, ingusci e ceceni

– Enzo Ciaraffa –

Dopo il suo delirante discorso alla televisione russa, durato cinquantacinque minuti, con il quale aveva anticipato ciò che sta succedendo in queste ore, lo zar Vladimiro ha dato il via libera all’invasione dell’Ucraina! Ma come siamo arrivati a tutto questo in un mondo dove anche soltanto il fatto che Trump non dia la mano alla moglie Melania può provocare indignazione globale? Possibile che non ci siamo resi conto delle reali intenzioni del nuovo zar del Cremlino? E come perchè?

Sorvolando sul fatto che l’amministrazione di Sleepy Joe Biden invece di varare misure concrete e tempestive a difesa dell’alleato ucraino si è messa a compilare il calendario delle date dell’invasione, le difficoltà dei rapporti tra la Russia e l’Occidente in generale sono sempre state, a mio avviso, di natura culturale prima ancora che politiche. Infatti, se la linea del pensiero e la cultura occidentale sono state impregnate dalla finezza intellettuale dei pensatori greci, dalla pietas dei latini e dai limiti morali inculcati dal cristianesimo, per tutta una serie di contingenze storiche e geografiche come la cultura violenta della steppa, il pensiero russo è privo di tali condizionamenti, sicché è naturalmente teso ad inquadrare ogni problema in termini di forza. Per cui continuare a ragionare con Putin alla occidentale maniera è perdente, perché l’Occidente e lui vivono in due mondi diversi e paralleli. Emblematica, in questo senso fu la risposta beffarda che, al congresso di Yalta del 1945, Stalin diede a chi lo esortava a non sottovalutare le esigenze del papa nel futuro assetto del mondo: “Quante Divisioni ha il papa».

Ma Stalin, oltre che un crudele tiranno, era un uomo dal pensiero strategico rozzo, perciò non poteva prevedere il fatto che, una volta stabilizzatisi nel mondo un certo equilibrio bipolare aventi quali centri decisionali Mosca e Washington, le guerre future sarebbero state areali e convenzionali, con appoggio ai contendenti soltanto indiretto dal centro decisionale di riferimento. Sicché, avere tante Divisioni e un esercito molto potente, avrebbe costituito la maledizione dell’Urss e dell’America, in un tipo di guerra che sarebbe stata soltanto convenzionale e trasversale, dove essi non potevano vincere perché impossibilitati a dispiegare tutta la loro titanica forza contro la tattica del “mordi – fuggi” applicata dalle guerriglie, tant’è vero che entrambi se ne tornarono a casa sconfitti e scornati rispettivamente dal Vietnam e dall’Afghanistan. E potrebbe ancora succedere ai russi in Ucraina dove, in caso di occupazione medio-lunga, la guerriglia nazionalista gli darebbe certamente molto filo da torcere. E credo che questo Putin lo sappia, come immagino sappia che la popolazione russa è per il 14% musulmana e che un venticello di secessione soffia da anni anche tra il Mar Caspio e il Mar Nero dove circassi, balcari, ingusci e ceceni, specialmente questi ultimi, hanno nei confronti della Russia le stesse pretese secessioniste dei russofoni del Donbass rispetto all’Ucraina.

Purtroppo, mentre il dittatore russo iniziava la sua drammatica partita a scacchi con l’Ucraina e con l’Occidente, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea dava un altro grande esempio di “unità” respingendo il ricorso presentato da Ungheria e Polonia contro il meccanismo (studiato ad hoc…) che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. Potremmo ragionare un mese e forse più sulla evanescenza del concetto di stato di diritto in un consesso, come quello dell’Unione europea, che si compone di 27 Paesi democratici ognuno con il suo Parlamento e il precipuo ordinamento giuridico che ne discende, senza venire a capo di niente; come pure potremmo discutere sugli intenti ricattatori della suddetta norma buttata giù in fretta e furia dall’Unione.

Tuttavia, non è mio intendimento approfondire questo aspetto ma soltanto evidenziare il fatto che, mentre Putin si è posto l’obiettivo di voler ricostituire il vecchio impero zarista o sovietico, l’Europa si mostra indecisa, parolaia e inefficace, come dire che è l’immagine riflessa dell’Alleanza Atlantica che a sua volta lo è dell’America di Biden.  Ciò perché l’Europa, la Nato e i Paesi dell’Est, che sono entrati a farne parte di recente, sono in questo momento, vittime del dogmatismo novecentesco dei democratici sedenti alla Casa Bianca, per i quali lo zar Vladimiro è soltanto la copia riveduta e corretta di Stalin e, in quanto tale, deve per forza fare schifo a dei duri e puri della democrazia come loro. Oddio, l’accostamento con Stalin non è fuori luogo, anche se i democratici che in questo momento tengono in mano le sorti degli Usa dovrebbero capire che, per la loro rigidità psichica e poco incline al trattativismo, detengono il poco invidiabile primato di aver dichiarato tutte le guerre nelle quali è stato coinvolto il loro Paese.  E poi non si capisce questo schematismo, laddove si pensa che gli Stati Uniti intrattengono ottimi rapporti con Stati mediorientali che frustano le donne, buttano dai tetti gli omosessuali, tagliano la mano ai ladri e staccano dal collo la testa agli assassini con la scimitarra.

È vero che gli europei non sono disposti a morire per le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, ma è altrettanto vero che il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, in un colloquio telefonico con il segretario di Stato Usa di qualche giorno fa, Antony Blinken, ha detto che Pechino è disposta a gestire le divergenze sulla base dei principi di rispetto reciproco. Come dire che neppure i cinesi sono disposti a morire per le follie di Putin. D’altronde, lo stesso zar Vladimiro teme un abbraccio troppo stretto della Cina, anche se Biden sta facendo del tutto per mandarli a letto insieme da quando ha messo piede alla Casa Bianca.

A questo punto, le domande di coloro che ci stanno leggendo potrebbero essere le seguenti: per fermare Putin prima che diriga i suoi carri armati anche sulla Polonia, basterà impedire al debito russo di procacciarsi denaro all’estero mediante l’accesso ai mercati finanziari europei? Oppure: serviranno il congelamento dei depositi bancari degli oligarchi russi, come ha fatto il Regno Unito, od i propositi sanzionatori dell’Unione Europea, o il blocco del gasdotto Nord Stream 2 come ha fatto la Germania? Considerato che la Russia, un gigante militare che come potenza economica è al livello della Spagna, credo di sì. Ciò perché se il truce Valdimiro i conti non li sa fare, i corrotti e danarosi oligarchi sui quali regge il suo potere li sanno fare e come! Specialmente dopo che il Regno Unito ha bloccato finanche i conti dei rappresentanti della Duma che, col loro voto, hanno fornito allo zar Vladimiro la pezza di appoggio per riconoscere le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Non mi stupirei se la prossima mossa del governo di Boris Jhonson (che, beato lui, ha libertà di manovra rispetto all’Europa) sarà quello di deferire Putin e i suoi generali al Tribunale Internazionale dell’Aia per i crimini internazionali.

Peraltro, i ricchi oligarchi russi sanno benissimo che l’Unione Europea, con il suo mezzo miliardo di abitanti e un Pil da 16.400 miliardi di dollari (dato 2019), è la seconda più importante economia del pianeta. E i soldi dei ricchi, notoriamente, vogliono andare laddove ci sono altri soldi, impipandosene allegramente delle manie imperiali del capoccia di turno che, prima o poi, deve ritornare con i piedi per terra, se non vorrà fare la fine dei suoi predecessori sovietici quando diventavano invisi alla nomenklatura.

Di ciò si è accorto perfino l’alto rappresentante Ue Josep Borrell il quale, con un tweet piuttosto cretino in verità, ha spiegato che per fermare Putin bisogna impedire agli oligarchi di venire a far spesa in Europa: «Niente più shopping a Milano, festa a Saint Tropez, diamanti ad Anversa».

Infatti i russi lo shopping sono andati a farlo a Kiev. Per adesso.

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