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Allegramente seduti sulla bocca di un vulcano

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La sera della prima alla Scala dell’opera verdiana “Attila” il popolo non era comodamente adagiato sui velluti rossi ma, urlante e recalcitrante, fuori dal teatro, tenuto a bada dalla polizia. La medesima cosa avveniva nelle stesse ore in Francia con i gilet gialli che tentavano di raggiungere la sede presidenziale. La Scala, l’Eliseo, i due simboli dell’architrave reggente il sistema del potere globalizzato che favorisce i ricchi ed esclude gli “ultimi”
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Qual è stato il filo che ha unito le proteste dei gilet gialli francesi e quelle avvenute fuori dalla Scala lo scorso sette dicembre? Secondo noi il distacco, sempre più accentuato, della classe dirigente dal popolo. Ma procediamo per gradi.

All’indomani della suddetta rappresentazione operistica, che avrebbe fatto inorridire Verdi per come è stata messa in scena pur di essere politically correct, il succo dei titoli riportati dalla maggior parte dei media è stato “Cinque minuti di applausi a Mattarella – Ovazione per Mattarella”. Scusate – si sarà domandato qualche straniero – l’opera è stata scritta da Giuseppe Verdi o dal presidente della repubblica italiana? Sì, perché la criptica valenza antigovernativa di quegli applausi diretti a colui che non perde una sola occasione per mettere in cattiva luce il governo dei nuovi barbari, era chiara soltanto a chi conosce i rituali della politica italiana.

Poi, com’è tradizione, i media si sono prodotti nella pedissequa elencazione delle diverse autorità e personalità presenti alla Scala: i ministri Alberto Bonisoli e Giovanni Tria, la presidente del Senato Casellati, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri, l’ex premier Monti, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, la senatrice Liliana Segre, Roberto Cenati dell’Anpi, l’imprenditore e politico Brembo Bombassei, Carlo Messina di Intesa Sanpaolo, Livia Pomodoro, l’imprenditrice Diana Bracco, l’imprenditore Arturo Artom, l’ex ministro Corrado Passera, la presidente dell’Eni Emma Marcegaglia, gli chef Davide Oldani, Claudio Sadler, Ernst Knam, l’attrice Dalila di Lazzaro, le stiliste Lella e Gigliola Curiel, Irene Pivetti, il ballerino Sergei Polunin.

A cotanto parterre non poteva mancare un principe, Pierre Casiraghi, con una contessina discendente nientemeno che da San Carlo Borromeo, e qualche personaggio, aggiungiamo noi, condannato al carcere per frodi fiscali… Milano, modestamente, quando ci si mette fa le cose in grande. Questo, invece, lo striminzito spazio che nella medesima narrazione i media hanno riservato ai tafferugli che hanno preceduto la prima scaligera: “Fuori la piazza blindata per le proteste dei centri sociali”… come dire che le frattaglie erano fuori.

Ebbene, Dio soltanto sa quanto abbiamo in uggia i centri sociali per i disastri che provocano gratuitamente ogni volta che manifestano e, purtuttavia, non possiamo esimerci da un’amara considerazione: la sera della prima il popolo era fuori dal teatro per protestare contro il governo, non dentro, tenuto a distanza dalla polizia.

Il legame esistente tra i gilet gialli francesi e la Scala è che a Milano era presente il meglio (o il peggio a seconda dei punti di vista) di quell’architrave che sorregge il sistema globalizzato dal quale, però, sono esclusi gli ultimi che, quando recalcitrano, sono presi a manganellate dalle polizie del “sistema”, come si è visto fare in questi giorni nella Francia delle Liberté, Égalité, Fraternité.

L’economista francese Jean-Paul Fitoussi ha definito Macron un imbecille che, vivendo arroccato tra i privilegi, non conosce neppure le angustie in cui versa il suo popolo. Ebbene, secondo noi, coloro che si sono accomodati languidamente tra i rossi velluti della Scala la sera del sette dicembre, tra inchini, paillettes, gioielli e tanto botulino, meritano a pieno titolo l’aggettivo che Fitoussi ha destinato al suo presidente, perché come Macron essi non si rendono conto di stare seduti sulla bocca di un vulcano sociale.

È stato soltanto un caso o una deliberata scelta il fatto che Conte, Salvini e Di Maio avessero scelto di non essere presenti alla Scala il sette dicembre?

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