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Sta per scoppiare la pace a Gaza ma la Sinistra non se n’è accorta

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Gaza
Sarà interessante vedere che cosa s’inventeranno adesso Giuseppe Conte, Elly Schlein, Fratoianni, Bonelli e Landini per scendere in piazza, posto che l’agognata pace a Gaza è alle viste. Punge anche la curiosità di capire come faranno costoro a rimettere in una pacifica gabbia istituzionale gli estremisti che avevano tanto titillato

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Spiazzando la maggior parti degli osservatori, molti dei quali piuttosto scettici, intorno all’una ora italiana dell’altro ieri, il presidente Donald Trump, prima in diretta con la stampa e, poi, con un post sul social Truth, ha annunciato l’intesa preliminare raggiunta da Israele e Hamas sui venti punti dell’accordo da lui proposto per far finire la guerra nella striscia di Gaza. Siamo consapevoli che, quando ci sono i tagliagole di Hamas in mezzo, nessuna preliminare intesa sulla pace è sicura, purtuttavia quella proposta dal presidente americano era l’unica possibile in questo momento perché realistica, essendo fondata su tre elementi chiari e per la prima volta convergenti alla luce del sole. Parliamo della minaccia d’intervento massiccio sul campo della forza militare Usa, della debolezza dei foraggiatori di Hamas, ovvero gli ayatollah iraniani, e sotto sotto quella degli stessi qatarini che, dopo anni di doppiogiochismo, sono diventati mediatori seri, rapidi ed efficaci dopo un bombardamento di avvertimento israeliano, e dell’adesione al piano di Trump di tutti i Paesi musulmani esistenti al mondo, eccetto l’Iran e lo Yemen.

Ebbene, se non fosse che stiamo parlando di una mattanza d’innocenti avvenuta nel deserto del Negev da parte dei miliziani di Hamas il  7 ottobre del 2023 e che di rimbalzo è stata la causa di morte e distruzione anche nella striscia di Gaza, verrebbe da ridere guardando in casa nostra dove dei ragazzotti in barca, un sindacato senza rotta e una Sinistra che è ancora indecisa se ingranare oppure no, la marcia indietro sulle degenerazioni delle piazze da essa stessa titillate quando non aizzate, in queste ore si stanno muovendo come dei pugili suonati di fronte all’incalzare degli eventi. Ricordiamo bene che cosa aveva detto appena una settimana fa la loro madre Tere… pardon, la Francesca Albanese da Ariano Irpino: «Il piano di pace di Trump per Gaza? Non si tratta affatto di un vero progetto di pace, ma di un tentativo di rimpacchettare vecchie proposte di controllo su Gaza, già avanzate e mai realmente accantonate da febbraio di quest’anno».

A smentire questa signora, che essendo una relatrice delle Nazioni Unite sui territori palestinesi dovrebbe avere una maggiore chiarezza di idee e più serenità di giudizio, ci hanno indirettamente pensato i suoi pupilli di Hamas: “Apprezziamo profondamente gli sforzi dei fratelli mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, e apprezziamo anche gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per porre fine definitivamente alla guerra e ottenere il completo ritiro dalla Striscia di Gaza”. Insomma, Francesca Albanese, quella che in pubblico ha preso a pesci in faccia il sindaco di Reggio Emilia per aver auspicato la liberazione degli ostaggi e ha bacchettato il nostro presidente della Repubblica, la gelida dileggiatrice dell’anziana signora scampata ai campi di sterminio nazisti, Liliana Segre, è stata scaricata anche dai tagliagole per i quali nutre simpatia. Vediamo quando e se la scaricherà anche la Sinistra italiana che sta già abbastanza inguaiata anche senza il suo supporto. Al momento ha ricevuto dai Comuni di Sinistra più cittadinanze onorarie lei che Mussolini quando era al massimo della sua potenza.

Ovviamente le incognite del piano di pace trumpiano sono ancora tante e molti dettagli devono essere chiariti, come l’amministrazione post-bellica della Striscia e la sorte finale di Hamas dal momento che Netanyahu, Trump e i Paesi arabi dell’area hanno escluso un suo ruolo nella ricostruzione politica e materiale dell’entità palestinese. E, infine, v’è da trovare concordanza sulla creazione del “Board of Peace”, affinché s’incarichi dell’amministrazione postbellica di Gaza. Tale organismo dovrebbe essere guidato dall’ex primo ministro britannico Tony Blair assieme ai rappresentanti dell’Anp, sotto il cappello della Casa Bianca. Senza parlare della richiesta di Israele del disarmo di Hamas, una richiesta che al momento il gruppo terroristico non intende soddisfare fino a quando, sostiene, gli israeliani non lasceranno la striscia di Gaza.

Già adesso sono molte quelle che nell’universo anglosassone vengono definite lessons learned, ovvero lezioni apprese, e una di queste lezioni salta subito agli occhi: non è stata la Sumud Flotilla, né le vaste manifestazioni pacifiste a indurre la parti in conflitto a incontrarsi sebbene a distanza, ma la forza militare messa in campo da Israele contro i protettori e alleati di Hamas come l’Iran, gli Hezbollah del Libano e gli Houthi yemeniti. Oltre alla forza militare che Trump aveva minacciato di utilizzare più massicciamente a difesa dello storico alleato israeliano, lo scorso 22 giugno quando, in appoggio a quelli con la stella di Davide, ha fatto intervenire i bombardieri strategici B-2 Spirit Stealth per lanciare le super-bombe perforanti sui siti nucleari iraniani nascosti sotto terra. Il giorno dopo i media (che notoriamente non capiscono un cazzo di tattica e strategia) scrissero che, dopo l’intervento americano sui siti iraniani, il conflitto si sarebbe allargato. E, invece, era vero l’esatto contrario, perché spuntare le unghie agli ayatollah di Teheran era la conditio sine qua non per indurre il loro alleato Hamas a più miti consigli. Ma a giugno questo effetto a breve dell’azione americana nessuno volle coglierlo, perché essendo un presidente sui generis e di Destra per giunta, Trump non gode delle stesse, gratuite simpatie dei suoi predecessori democratici da parte del mainstream globale, che continua a descriverlo come un presidente inaffidabile e un anche po’ coglione. Per carità tutto è possibile visto il povero rintronato che sedeva prima di lui alla Casa Bianca, certo è che il tycoon ha un ottimo staff che lavora per lui, a partire dal Segretario di Stato Marco Antonio Rubio.

E adesso Giuseppe Conte, Elly Schlein, Fratoianni e Bonelli cosa s’inventeranno visto che la pace a Gaza è arrivata, che la sta portando il bieco tycoon? E il segretario della Cgil, Landini, continuerà a propugnare la rivolta sociale? E in nome di che cosa stavolta? Adesso come riporteranno in una pacifica gabbia istituzionale gli estremisti violenti che avevano titillato in nome della pace? Secondo noi non ce li riporteranno più, perché non hanno forza di persuasione e neppure l’autorità morale per farlo. Ma la Sinistra nel suo insieme è così pericolosamente sprovveduta da non rendersi conto che con il suo titillare le piazze da Ramy in poi, sta favorendo la nascita di un fenomeno che fino a oggi si era sviluppato soltanto in Francia: l’islamizzazione delle proteste degli islamici di seconda generazione. Peraltro, in caso di disordini, l’operato di costoro andrà fatalmente a saldarsi con quello dei centri sociali e dei black bloc. Come dire che la pace a Gaza si può raggiungere anche senza la Sinistra e i suoi adolescenti-guerriglieri, ma per mettere a soqquadro le piazze italiane la loro presenza si farà certamente sentire.

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