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La città del verbo trasire non caccia via nessuno

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Nives Monda
Nonostante certe manifestazioni di violenza e d’intolleranza, Napoli è ancora la capitale del verbo trasire e del caffè sospeso, perché è generosa e cosmopolita fin dalla nascita. Infatti nel corso della sua storia ha accolto e assimilato, senza problemi, greci, latini, francesi, tedeschi, spagnoli, russi e americani

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È certamente vero che Hamas sia una banda di feroci tagliagole, com’è altrettanto vero che il governo israeliano stia reagendo con estrema durezza al massacro che essa ha compiuto su donne, vecchi e bambini il 7 ottobre del 2023. Ma questo autorizza a odiare tutto il popolo palestinese o tutto il popolo israeliano? E poi, negli ultimi duemila anni, non v’è stato già abbastanza (e immotivato) odio riversato sugli ebrei? Adesso c’è la scusa della guerra contro Hamas che, purtroppo, coinvolge anche i civili palestinesi: e prima? Perché gli ebrei vengono perseguitati da tempo immemore? Ebbene, la risposta a questi interrogativi ci è venuta da dove meno ce lo saremmo aspettati: da Napoli. Sì, perché questa città nata cosmopolita, che nel corso della sua storia ha accolto e assimilato senza problemi, greci, romani, francesi, tedeschi, spagnoli, americani e africani pare abbia scoperto qualche venatura antiebraica. Infatti, pochi giorni fa due turisti israeliani sono stati dichiarati persone non gradite nel ristorante “Taverna a Santa Chiara” situata nell’omonima via. Anzi, pare che la proprietaria pro-Palestina del locale, Nives Monda, li abbia proprio cacciati a male parole mentre questi registravano, e successivamente diffondevano via social, il diverbio avuto con lei, perché aveva offeso il loro Paese. L’accaduto, però, si è rivelato una grande botta di culo per la signora Nives, perché il suo ristorante che avrebbe dovuto chiudere per dissesto economico cinque anni fa (fonte: la Repubblica del 25 febbraio 2021), si è trovato all’improvviso al centro di una molto provvidenziale ondata di pubblicità.

Di per sé l’episodio non è nuovo, ma ciò che lo rende diverso dagli altri non è stato il solito silenzio della Sinistra su casi di antiebraismo, o la solidarietà espressa alla ristoratrice – invece che agli ebrei cacciati – da parte di alcuni politici e dalle istituzioni locali col solito contorno di pro-palestinesi, quanto un’iniziativa aberrante. Infatti, questi ultimi hanno tentato di attaccare alle vetrine di alcuni negozi della zona in cui si è svolta la vicenda un adesivo che fa accapponare la pelle, perché ci riporta nella Germania nazista e nell’Italia fascista: “Zionists not welcome”, ossia I sionisti non sono benvenuti. Già, il sionismo, la solita foglia di fico adoperata dai razzisti per camuffare l’antiebraismo, perché non si capisce come dovrebbe fare un ristoratore a capire se il cliente ebreo, che entra nel suo locale, è sionista e non semplicemente un cittadino ebreo in vacanza. Ma tant’è…

Per quanto abbiamo ragione di sospettare che, prima o poi, la signora Nives Monda troverà qualche strapuntino dalle parti della Sinistra (la Repubblica non dedica il suo spazio a gente senza futuro in quella direzione…) e che potrebbe perfino diventare l’anti Rita De Crescenzo, la tamarra tiktoker napoletana con simpatie grilline, non abbiamo intenzione di ficcarci in una polemica a tinte folcloriche ma, piuttosto, cercare di capire perché gli ebrei vengono perseguitati e perché ai benpensanti non va mai bene niente di quello che loro fanno. Forse perché i loro antenati hanno commesso deicidio?  Ma per favore… questa poteva essere una motivazione delle plebi ignoranti nel Medioevo o durante i pogrom in Russia, non certo oggi.  

Secondo noi, le motivazioni dell’ostilità nei confronti degli ebrei sono di ordine socio-antropologico ed economico. Molte persone in Occidente, infatti, nella poco invidiabile compagnia di Hamas e Hezbollah, sotto sotto odiano gli ebrei perché essi, a differenza di noi gentili molli e di tiepida fede, sono temprati con l’acciaio della storia. Infatti, è dal 70 d.C., da quando furono cacciati dalla terra promessa dai romani, che hanno girato per tutto il mondo, senza mai smettere di essere un popolo, se non proprio prediletto da Dio, di certo speciale, almeno dal punto di vista religioso. Per l’ebreo, infatti, l’Onnipotente è l’implacabile giudice che consegna all’uomo la sua eterna legge scolpita su dodici tavole di pietra, rimanendo a vigilare sulla correttezza della sua applicazione, premiando i buoni e punendo gli empi già nella loro vita terrena.

Ma questa coerente e granitica concezione religiosa degli ebrei rappresenta da sempre la cattiva coscienza delle ipocrisie di quei popoli che cristiani lo sono soltanto in superfice, con i quali essi convissero per secoli senza mai amalgamarsi, perché vivevano con la valigia ideale pronta e con dentro il sogno di poter un giorno ritornare nella terra dei loro antenati, tant’è che, ovunque si trovassero, a Pasqua si salutavano con la formula-auspicio “L’anno prossimo a Gerusalemme”. Sicché, gli ebrei costituivano un’entità sociale a sé stante e ovunque si trovassero, producevano ricchezza e benessere anche quando la miseria locale era diffusa; fu così che diedero origine a dinastie di banchieri, artigiani, commercianti e, purtroppo, a tanta invidia e predatoria cupidigia.

Quando finalmente gli ebrei ritornarono nella terra promessa, in poco tempo costruirono fattorie, città, fabbriche, canali d’irrigazione, un welfare innovativo e moderno… riuscirono a rendere fertile perfino il deserto. Ed è stato con dei campioncini di questa indomabile gente che la taverniera napoletana di Santa Chiara è andata a incocciare, pensando di poter impunemente offendere Israele in loro presenza senza ricevere un sonoro e risentito vaffanculo. Il che deve aver meravigliato, oltre che irritato, lei e i suoi sodali, abituati forse a purgare i propri limiti e difetti traslandoli sul loro Paese e sui propri governanti: come hanno osato quegli “sporchi ebrei” difendersi al cospetto della balda (inconsapevole) connazionale di Macchiavelli e Guicciardini che fecero della sfiducia, della rinnegazione d’ideali, della viltà e del tradimento un prontuario politico?

E che tutto questo sia potuto accadere all’ombra del Monastero di Santa Chiara ci immalinconisce, a maggior ragione perché ci viene in mente un verso della canzone che Michele Galdieri, nel 1945, dedicò al suddetto monastero in un momento buio della storia di Napoli e dell’Italia: «…ma pecchè, pecchè ogne sera/Penzo a Napule comm’era/Penzo a Napule comm’è». Poi la malinconia un po’ ci passa perché, nonostante tutto, Napoli resta ancora la città dell’accoglienza, del verbo trasire e del caffè sospeso.

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