Le spalle larghe di Leone
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Papa Leone non appare fragile, né abdicatario della dottrina come Bergoglio, pertanto prevediamo che siffatta tempra di papa, anche se attaccato da tutti i giornali e teologi di sinistra del mondo, non si dimetterebbe come fece Benedetto XVI. Dovrebbero iniziare a farsene una ragione coloro che vorrebbero dettare la linea guida anche al vicario di Cristo in terra
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I latini credevano che il destino di un essere umano fosse scritto nel nome che porta. In verità non crediamo si possa fare molto affidamento sull’infallibilità di questa credenza eccetto che per i papi, perché i successori di Pietro il nome se lo scelgono da soli e in età avanzata peraltro, sicché a posteriori possono renderlo aderente alla loro vita passata e a quella che hanno in testa per il futuro. Beninteso che, per quanto sia frutto del proprio arbitrio, la scelta di un nome può rivelarsi grottesca per un papa se questi non possiede senso della storia, cultura religiosa, umiltà, coraggio e non abbia in testa un programma per prendersi cura di una comunità religiosa composta da un miliardo e mezzo di persone annaspanti nella loro malmessa umanità. Tale compito non è facile, nonostante la bimillenaria organizzazione operativa e logistica della Chiesa terrena, ed è per questo che, secondo la fede cattolica, il papa verrebbe aiutato nel suo magistero dallo Spirito Santo che l’iconografia cattolica rappresenta sotto forma di candido colombo, anche se della sua reale esistenza fu proprio un papa a dubitarne, Benedetto XVI: «Ci sono troppi esempi di papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto».
Ma a voler rimanere nel campo della metafisica facciamo fatica a resistere alla suggestiva idea che, anche durante l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, il sacro colombo fosse altrove. Perché, Bergoglio è stato un pessimo papa? Pessimo proprio no, certo non è stato il pastore che aspettava la Chiesa in uno dei momenti più tragici dell’umanità e della sua storia, come dire alle prese con problemi dottrinali, organizzativi, morali e politici che, per essere affrontati con un minimo di costrutto, richiedevano un attributo che devono avere anche i papi, benché sarebbe loro proscritto il biblico utilizzo: le palle. Bergoglio, d’altronde, ci aveva lasciati perplessi fin dal primo momento che, col nome di Francesco, comparve sul fatidico balcone il 13 marzo del 2013 e aprì la bocca: ci saremmo aspettati un rassicurante messaggio spirituale e, invece, se ne uscì con un banale «Buona notte e buon risposo». Altro che riposo, la Chiesa andava invece svegliata! Bergoglio – il primo a farlo nella storia – scelse per sé il nome del santo più umile e semplice del calendario, Francesco, con il recondito obiettivo secondo noi di celare sotto il lacero saio del poverello di Assisi i suoi limiti, in modo da poter spacciare la sempliciotteria per umiltà.

Purtuttavia, pur non essendo riuscito a dare una linea al suo magistero, Bergoglio ha avuto ottime entrature tra i progressisti di mezzo mondo, i quali, non avendo capito quale fosse la linea del suo magistero, gliene assegnarono una d’ufficio: quella loro. E fu così che da quel momento il vicario di Cristo in terra divenne, compiacendosene, il capo di una sorta di Ong globale che, nonostante il pauroso dissesto del bilancio vaticano e i vari scandali finanziari, foraggiava indirettamente gli scafisti e coloro che li aiutavano con finte attività di soccorso in mare, come quel Luca Casarini che, mentre prendeva i soldi dalla Chiesa, finiva sotto inchiesta per aver favorito l’immigrazione clandestina allo scopo di trarne profitto personale.

Per ragioni opposte, anche col papa Robert Francis Prevost la scelta del nome è risultata azzeccata quando ha scelto di chiamarsi Leone XIV, perché tutti i papi che hanno portato questo nome, nel bene e nel male, non sono stati proprio malleabili e, nonostante l’aspetto mite e sorridente, pensiamo che neanche lui lo sarà sulle questioni di fede. Inoltre, il cognome Prevost è quasi un imperativo morale per il nuovo papa, perché tradotto in italiano significa amministratore dei beni temporali di un’istituzione religiosa. E, infatti, non appena si è sistemato dentro le mura leonine, egli si è trovato di fronte un buco di bilancio del Vaticano che già nel 2022 era pari a 631 milioni di euro (Fonte Reuters). Il nuovo pontefice si sta rivelando ogni giorno di più un papa spirituale, riflessivo e prudente tant’è che, da quando è stato eletto, non ha fatto nessuna nomina importante, né annunciato imminenti cambiamenti perché, evidentemente, è poco incline a decisioni di pancia.
Questo modo di fare sarà sicuramente un toccasana per una Chiesa in calo di fedeli, toccata dalla vergogna degli abusi sessuali da parte del clero e da problematiche quali l’inclusione dei cattolici Lgbt e la richiesta di ordinare preti anche le donne. Secondo noi da questo papa possiamo aspettarci tutto, eccetto che parli o si muova ad capocchiam come, invece, inclinava a fare l’abborracciato pretone di campagna ed ex buttafuori del suo predecessore. Però, se questo approccio di Prevost servirà alla Chiesa per recuperare credibilità e fedeli, di certo non gioverà alla sua personale tranquillità, perché sarà visto dai nostalgici di Bergoglio come un ottuso conservatore.
D’altronde, già dopo tre giorni dalla sua elevazione al soglio petrino, in un’intervista rilasciata a CM-Cronache Maceratesi.it, Alberto Maggi, teologo e direttore del Centro Studi Biblici di Montefano, ha dichiarato di sentirsi orfano di papa Francesco, ha criticato il defunto Benedetto XVI e ha auspicato che Prevost «…metta al primo posto il bene dell’uomo e al secondo quello della dottrina», che in verità non è granché come auspicio da parte di un teologo. Infatti, sembra proprio che al dotto biblista maceratese sia sfuggito un particolare di non poco conto: il papato di Leone XIV si trova nel pieno della crescente contrapposizione tra cristianesimo e islamismo, una religione quest’ultima portatrice di una fede semplice, di facile presa per dei popoli sempre più distanti dalla complessità del pensiero latino come noi occidentali. E come la combatti, se non con la pura e semplice riproposizione dell’originaria dottrina cristiana, una “guerra” contro un avversario per il quale la dottrina è tutto?

Sulla stessa linea di Maggi troviamo un altro teologo, Vito Mancuso, il quale non ha aspettato neppure di vedere Leone XIV all’opera e ha criticato da subito la sua prima omelia, perché, pare di capire, troppo spirituale, troppo cattolica insomma, e per toglierci ogni dubbio sul suo effettivo spessore di teologo si è posto questa domanda polemica a proposito di un convincimento espresso dal nuovo papa sull’ateismo di fatto: «Ma davvero chi nega la natura divina di Gesù o lo valuta diversamente dal dogma cristiano vive un ateismo di fatto?». Ma che cavolo di domanda è questa? Il cattolicesimo – e lui dovrebbe saperlo meglio di tutti noi – si fonda proprio sul presupposto che Gesù sia contemporaneamente vero Dio e vero uomo! Pertanto, il negarlo da parte di un cristiano è più che ateismo di fatto: è blasfemia! E queste sono soltanto le avanguardie di un esercito di detrattori che aspetta soltanto una ghiotta occasione per saltare fuori dalla trincea del conformismo, per somministrare a Prevost lo stesso trattamento che fu riservato a papa Ratzinger, fino a costringerlo alle dimissioni.
Siccome il linguaggio del corpo riflette il pensiero e personalità di ognuno di noi, prima di aprire le ostilità contro il nuovo vicario di Cristo in terra suggeriamo a questo esercito di fessi pretenziosi di prestare attenzione alla postura del nuovo papa, con il tronco sempre eretto e l’incedere deciso, caratteristiche che lasciano indovinare una personalità franca, sicura, prudente e, soprattutto, forte. Insomma, Leone XIV non appare fragile come Benedetto XVI, né un abdicatario della fede come Bergoglio e, pertanto, ci sentiamo di fare una previsione: questa tempra di papa, anche se messo in croce da tutti i giornali e teologi di sinistra del mondo, non si dimetterebbe perché lui alla croce è abituato, vi è già salito durante la vita missionaria. Iniziate a farvene una ragione fin da adesso, voi che volete governare senza vincere le elezioni, che volete scrivere senza oggettività, che volete parlare senza contraddittorio e adesso vorreste dettare anche la linea guida al vicario di Cristo in terra!
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