Assieme ai telefonini di Hezbollah si sono frantumate le certezze
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Probabilmente il nuovo confine della cyberguerra raggiunto in Libano segnerà e stravolgerà i piani di studio delle accademie militari e, allo stesso tempo, non farà dormire sonni tranquilli a quei Paesi che non sono stati in grado di sviluppare tecnologie sofisticate e perciò dipendenti in tutto da quelle d’importazione
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Come essere umano resto sempre addolorato quando anche una sola vita viene sacrificata sull’altare della guerra e dell’odio, mentre come ex militare, al cospetto di certe imprese straordinarie, non riesco a sottrarmi alla suggestione di alcune valutazioni di ordine tecnico e non etico. La prima valutazione è questa: con un semplice sms e in una solta volta, i servizi segreti israeliani sono riusciti a mettere fuori combattimento migliaia di miliziani sciiti di Hezbollah e l’ambasciatore iraniano in Libano, che guarda caso aveva il loro stesso cerca persone, seminando caos, disorientamento e paura tra la popolazione. Senza contare il fatto che proprio in queste ore, sempre in Libano, gli israeliani sono riusciti ad eliminare Ibrahim Agil numero due di Hezbollah e capo del consiglio del Jihad, sul quale pendeva una taglia di 7 milioni di euro.
Era accaduto che, per non essere intercettati, gli uomini di Hezbollah avevano abolito i telefonini, Internet e perfino i computer, iniziando a comunicare tra di loro con dei cerca persone e con dei walkie-talkie comprati all’estero, convinti che dei congegni di reperibilità antiquati fossero difficili da intercettare dai moderni sensori del nemico. E sarebbe andata effettivamente così, se gli israeliani si fossero limitati al solo contrasto elettronico. Essi, invece, si sono messi materialmente sulle tracce delle partite dei cerca persone e dei walkie-talkie diretti in Libano, lungo un itinerario che parrebbe snodarsi dalla Cina attraverso Taiwan, Hong Kong, l’Ungheria e infine l’Egitto, in che rapporto di relazione ancora non ci è dato sapere e forse non lo sapremo mai.
L’intercettazione degli israeliani non aveva lo scopo di bloccare la partita di materiale, ma soltanto di manometterla prima di farla arrivare ai destinatari come un moderno cavallo di Troia. Insomma, per farla breve, Hezbollah avrebbe comprato i cerca persone per eludere il controllo d’Israele sulle sue comunicazioni, pensate, da… Israele che, secondo noi, prima di farglieli arrivare li ha “maritati” con qualche grammo di esplosivo potente e incolore come la ciclonite (T4) o la pentrite, con la batteria al litio a far da innesco. L’idea di sabotare il nemico in casa, dietro le sue linee, non è nuova nell’arte della guerra. Credo, però, sia la prima volta nella storia che un sabotaggio, per quanto articolato e vasto, sia avvenuto con la simultaneità di orchestrali diretti da un eccezionale direttore.
Probabilmente questa cyberguerra stravolgerà i piani di studio delle accademie militari di tutto il mondo e non farà dormire sonni tranquilli a quei Paesi che non sono stati in grado di sviluppare tecnologie sofisticate e perciò dipendenti in tutto da quelle d’importazione. Ma, visto che viviamo pressoché sommersi dalla tecnologia modificabile (radio, motore dell’auto, lavatrice, asciugatrice, pannelli solari, forno elettrico, computer, telefonino, auto, eccetera), anche noi faremo bene a non fidarci molto di quella che ci arriva da Paesi dove vige la dittatura come la Cina e la Russia, perché uno scherzetto come quello che Israele ha fatto ai miliziani di Hezbollah, da oggi, sarà sempre dietro l’angolo in casi di crisi internazionale.
Il consiglio? Beh, visti i tempi di pace fragile, tenere sempre la legna del camino all’asciutto, le candele di sego a portata di mano, una buona bicicletta con il cambio oliato, il sapone per il bucato sempre pronto e tanto olio di gomito di riserva. Ma di questo passo, dirà qualcuno, torneremo alla preistoria. È probabile, d’altronde lo aveva già previsto Einstein.
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